Molto interessante il convegno Recordare i suoni che l’Istoreto, in collaborazione con la Soprintendenza archivistica e bibliografica del Piemonte e della Valle d’Aosta, ha organizzato a Torino con il sostegno della Regione Piemonte il 26 ottobre 2018 presso il Polo del ‘900.
Prima di tutto segnalo la scelta della data in cui realizzarlo, non casuale con il concomitante World day for audiovisual heritage 2018 (27 ottobre). E proprio sulla scia della giornata internazionale istituita dall’Unesco nel 2005 si è pensato giustamente di trascurare il meno possibile le varie implicazioni specialistiche, tecniche, metodologiche proprie della ricerca e di chi comunque opera nel settore della documentazione sonora e audiovisiva ad ampio spettro.
C’è però da fare una premessa importante: ciò che a mio avviso ha dato un taglio al convegno ancor più interessante è stato quello di dedicarlo soprattutto al suono, alla risorsa sonora, alla/e sonorità complessivamente.
Dopo i saluti degli organizzatori è iniziata la giornata di approfondimento con gli interventi della sua prima sessione: “Archivi sonori. A che punto s(u)ono?” Panoramica sul documento sonoro in Italia.
Sessione appunto dedicata prevalentemente a chi opera negli archivi audiovisivi e a chi li frequenta per i suoi obiettivi di studio e di ricerca.
Il primo intervento di questo ambito è toccato a me e a Luciano D’Aleo per illustrare le attività istituzionali – facendo in questo senso un excursus storico legislativo tra la Discoteca di Stato e l’Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi – dell’organismo culturale pubblico che nel nostro paese, come riportato nel Decreto 7 ottobre 2008, Istituzione dell’Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi, ha tra i compiti istituzionali quello di svolgere “con valenza sull’intero territorio nazionale, attività di documentazione, valorizzazione, restauro, conservazione, ricerca e consulenza sui documenti sonori e audio visivi appartenenti allo Stato e ad altri Enti pubblici, anche non territoriali, nonché alle persone giuridiche private senza fine di lucro”.
Un nuovo istituto (seppur derivante dalla Discoteca creata nel 1928) nato quindi anche per coordinare le attività inerenti il trattamento e soprattutto la tutela dei beni culturali sonori e audiovisivi.
Trattamento che comprende la cruciale attività di conservazione di questi materiali… e non solo! Perché qualora questi fossero conservati nel miglior modo possibile, non è scontato avere sempre a disposizione le macchine, i media necessari per la consultazione dei contenuti di quegli oggetti.
E su questa decisiva “battaglia” Luciano D’Aleo ha illustrato quanto avviene all’Icbsa e ha poi gettato uno sguardo anche su quello che succede a livello internazionale. Certamente una attività centrale nella conservazione è quella della digitalizzazione dei contenuti memorizzati sui variegati oggetti sia analogici che digitali.
Quali infine le migliori capacità di memorie dove immagazzinare la mole di dati digitalizzati? Attualmente (mai termine fu più appropriato) per ironia della sorte, i migliori supporti in tal senso sembra siano nuovissime generazioni di nastri magnetici che possono contenere molti terabyte di informazioni sonore e audiovisive digitali.
Il successivo intervento di Antonella Mulè, della Direzione Generale degli Archivi, ha portato al convegno una sua interessante ricerca che ha ricostruito da quando – e quanto – l’amministrazione degli archivi statali nel nostro paese si è occupata di fonti orali e documentazione sonora/audiovisiva in generale.
Don Valerio Pennasso ha illustrato nel suo intervento la convenzione stipulata la scorsa estate tra l’Ufficio nazionale CEI per i Beni Culturali Ecclesiastici (che gestisce l’interessante portale web: www.beweb.it) e l’Icbsa. Un accordo significativo perché la Conferenza Episcopale italiana stessa si è resa conto della complessità e ricchezza delle fonti sonore e audiovisive (interviste, concerti, conferenze, registrazioni sul campo…) presenti nelle biblioteche e archivi ecclesiastici e per fare in modo che tale mole di importante documentazione non andasse persa ha appunto deciso in primo luogo di censirla tramite un questionario e allo stesso tempo convenzionarsi con l’Istituto che garantisce attualmente le risposte più adeguate in quella direzione.
A questo interessante intervento è seguito quello di Simone Dotto (Università di Udine) che avrebbe avuto il compito di chiudere la prima sessione del convegno dedicata agli “archivi” che gestiscono documentazione sonora e audiovisiva. Uso il condizionale non a caso, perché il suo brillante intervento è stato a mio avviso un perfetto anello di congiunzione con la sessione successiva, quella rivolta all’ambito della ricerca. Le cose che ci ha illustrato Dotto in effetti hanno “staccato” letteralmente i contenuti dai materiali – ricordando comunque a tutti quanto fosse essenziale la mediazione tecnologica per la consultazione di questi – portando i convegnisti ad analizzare quanto queste fonti nate parlanti, vanno esaminate nella loro essenza, prescindendo il più possibile dallo spazio che il tempo storico/tecnologico ha loro assegnato.
E’ quindi stata introdotta nel migliore dei modi la sessione (riguardante anche la didattica) che ha presentato interessanti ricerche – alcune attualissime – accomunate dal focus sul “sonoro”, sulle “sonorità” più che altro.
Quindi il progetto Sound Archives & Musical Instruments Collections per il Museo del Paesaggio sonoro di Riva presso Chieri, illustratoci da Ilario Meandri e Giorgio Bevilacqua (Università degli studi di Torino) e Giacomo Patrucco (Politecnico di Torino-Architettura) nella sua ammaliante esposizione; oppure l’intervento di Paola Olivetti (ANCR, Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza) nel suo “Ricordando Paolo Gobetti e le sue raccolte videosonore”; seguita da Enrico Pagano (Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia) con i suoi “Messaggi dal tempo. Gli archivi sonori per la didattica della storia e l’educazione alla cittadinanza”; infine gli interventi di Gianni Pavan e Roberta Righini (CIBRA, Centro Interdisciplinare di Bioacustica e Ricerche Ambientali dell’Università di Pavia) ne “Le fonoteche per documentare i cambiamenti dei paesaggi sonori naturali”.
Tutte queste esposizioni hanno avuto il pregio di portare l’uditorio del convegno verso i lidi della sonorità come fondamentale fonte di conoscenza, di vitalità, nella sua rappresentazione e presentazione molteplice e comunque prismatica di un insieme fortemente connesso e al quale la ricerca non cessa di interessarsi.
Nel pomeriggio del 26 ottobre si è tenuta l’ultima sessione del convegno: “Ragione e censimento” Censimenti di archivi sonori in Piemonte e in Italia: a quale scopo?
Già dal titolo è chiaro l’accurato approfondimento del tema del convegno, incasellato prevalentemente nel territorio piemontese, anche se con uno sconfinamento in Toscana…
Il primo intervento è stato quello di Diego Robotti (Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Piemonte e della Valle d’Aosta) che – va segnalato – è stato uno dei principali ideatori e realizzatori del convegno, cosa che lo ha impegnato notevolmente.
Il suo è stato quindi un ribadire come i beni sonori siano e debbano essere considerati beni – senza se e senza ma – alla stregua delle altre risorse culturali tradizionalmente comprese in questa categoria .
Ha poi introdotto, anticipandolo in parte, l’intervento di Elisa Salvalaggio (Istoreto) “Il nuovo Censimento degli archivi sonori del Piemonte 2015-2018” che ha brillantemente illustrato il lavoro svolto per tale rilevante progetto: dalla individuazione dei soggetti probabili interessati, al contatto con questi per la compilazione delle varie schede/griglie elaborate per ottenere dati utili al censimento e infine il risultato finale che ha consentito l’aggiornamento puntuale della situazione degli archivi sonori e audiovisivi operanti in Piemonte. Su tutta la vicenda del censimento rimando al contributo che la stessa Elisa ha redatto e qui di seguito riportato.
Giovanni Contini (AISO, Associazione Italiana di Storia Orale) ex archivista della Soprintendenza archivistica toscana, autorevole esponente dell’ambito storico contemporaneo che utilizza prevalentemente fonti orali per le proprie ricerche, ha incentrato il suo contributo sul tema “Gli archivi orali e audiovisivi in Toscana”. Interessante come sempre il suo racconto che ha anche spaziato tra le sue ricerche toscane: da quelle sui minatori a quelle sulle stragi nazifasciste.
Il convegno è poi tornato nell’alveo piemontese con l’intervento di Claudio Brosio (Istituto Beni musicali in Piemonte) su “Tutela e valorizzazione de patrimonio musicale: il censimento dell’Istituto per i Beni musicali in Piemonte”; seguito da Elena Testa (Archivio nazionale del cinema d’impresa) che ha inframmezzato le interessanti analisi del suo intervento “Non avete ancora sentito niente”, con filmati pubblicitari nella loro versione originale (il cosiddetto “girato”) realizzati da Federico Fellini che anche in questo contesto non si risparmiò nella sua arte pungente e ironica a “tuttotondo”, soprattutto nel suo rapporto con l’umanità ricca di pregi e di difetti…
Infine, sempre in Piemonte, con “Paesaggi sonori della Provincia di Torino”, Daniele Grasso (ARPA Piemonte) ci ha fatto conoscere un interessante progetto, nato nell’ambito di chi si occupa di protezione ambientale – e in questo caso particolare di inquinamento sonoro – che ha portato ad acquisire una complessa e ricchissima “banca dati sonora” rilevante non solo come fonte di conoscenza, ma anche di documentazione utile per ulteriori elaborazioni e ricerche.
The last – mai come stavolta – but not the least… Ted Martin Consoli (MappaBI, Biella) che con le sue “Radici sonore, percorsi di mutazioni acustiche” ha ulteriormente battuto le strade (letteralmente) alla ricerca e al confronto tra l’odierno e il passato panorama sonoro cittadino, in questo caso biellese. Un finale veramente azzeccato!
Extra sessioni del convegno:
“Il canto popolare nella Grande Guerra e gli archivi dell’oralità”, una riflessione a partire dal libro Al rombo del cannon. Grande guerra e canto popolare (Neri Pozza editore, 2018) che con gli interventi degli autori stessi dell’opera: Franco Castelli, Emilio Jona (assente ma molto presente), Alberto Lovatto, hanno calato l’uditorio nel passato entusiasmante delle ricerche sul campo per l’acquisizione di fonti orali, musicali, popolari che sono diventate fondamentali contributi culturali. Nel caso di questa pubblicazione (oserei dire quasi monumentale e con due compact disc contenenti una molteplicità di brani originali) è la celebrazione (!) del centenario della prima guerra mondiale il filo conduttore, che ci riporta, soprattutto con la potenza propria delle fonti orali, in quei tragici avvenimenti attraverso i canoni della narrazione, della oralità e musicalità.
Questo resoconto è stato scritto da Piero Cavallari – Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi, Roma.