a cura di Loris Brunello, Serena Buratto, Alessia Florimo, Andrea Gava, Chiara Gessa, Simona Eugenia Lenghel, Chiara Tonolo e della redazione AISO
Sabato 30 marzo 2019 una delegazione dell’Associazione Italiana di Storia Orale (AISO) ha partecipato alla manifestazione Verona città transfemminista.
La manifestazione era stata indetta da Non una di meno (NUDM) per esprimere dissenso nei confronti delle posizioni degli organizzatori del XIII Congresso Mondiale delle Famiglie (WCF XIII, Verona, 29-31 marzo 2019), appoggiate da alcuni esponenti politici e istituzionali. NUDM è nato a Roma nell’estate del 2016 sulle orme del movimento femminista argentino Ni una menos e “ha messo insieme soggetti diversi e compositi: il femminismo storico, i collettivi femministi di nuova generazione, i collettivi trans femministi e queer, quelli legati ai centri sociali e, infine, i centri anti-violenza” (così ne ha parlato la rivista Gli Asini).
La Società Italiana delle Storiche (SIS) aveva nei giorni precedenti diramato un comunicato dal titolo La famiglia “naturale” non esiste, chiedendo alle altre associazioni di storia di farlo circolare tra i soci. Così abbiamo fatto, pensando tuttavia a una modalità ulteriore di partecipazione: osservare e ascoltare, e registrare, documentando il paesaggio sonoro, cioè canti, slogan, musiche, parole, suoni che una manifestazione di piazza e di strada produce. In fondo così sono nati gli Archivi sonori dei Dischi del Sole, che furono una delle prime esperienze degli storici orali italiani (qui un esempio sonoro).
L’impressione condivisa dai redattori di questo sito è che si sia aperta una nuova stagione per l’azione pubblica e collettiva. Un esempio eclatante è stato l’adesione alla manifestazione per il clima del 15 marzo (Global Climate Strike for Future), che ha visto scendere in piazza milioni di studenti in tutto il mondo a sostegno della protesta iniziata dalla sedicenne svedese Greta Thunberg.
Ci sembra che le forme espressive si siano molto trasformate negli ultimissimi anni, con la costruzione di coreografie vere e proprie e flash mob, la rinuncia a bandiere e striscioni ufficiali (e collettivi) e la promozione di cartelli singoli, autoprodotti, piccoli, ironici e “iconici” (cartelli da selfie, pensati proprio per diventare virali sui social), la scelta di alcuni oggetti emblematici che diventano poi un fil rouge della manifestazione e sui social (il panuelo fuxia di NUDM, la coperta termica per No Borders, il trucco e i vestiti verdi per lo sciopero globale per il clima).
Crediamo sia arrivato il momento per pensare a forme di documentazione e analisi delle caratteristiche proprie delle manifestazioni di oggi. Magari allargando lo sguardo anche alle – sporadiche ma non assenti – piazze pentastellate, per non parlare di quelle leghiste, ormai non più eludibili.
Ma cominciamo con quella di Verona città transfemminista del 30 marzo 2019.
La mattinata
La manifestazione principale è stata preceduta, nel corso della mattina, da una serie di eventi collaterali: un incontro pubblico al Cinema Kappadue alle ore 10, organizzato dalle sigle sindacali confederali, dalle Donne Democratiche e da un’altra serie di associazioni, seguito poi alle 13 da un flash mob al ponte di Castelvecchio; un altro flash mob alle 11 in piazza Bra, di fronte alla sede del WFC (alla Gran Guardia) dovuto invece a +Europa. Eravamo presenti a Verona già dalla mattinata e siamo quindi riusciti a documentare alcuni di quei momenti, in particolare quanto avvenuto al ponte di Castelvecchio.
Il flash mob avvenuto sul ponte prevedeva un dress code specifico: “indossa qualcosa di bianco e porta con te guanti da lavoro (domestico o no) colorati”. I vari gruppi, provenienti dal cinema oppure dai pullman appena arrivati, spesso giungevano cantando Bella Ciao o altri canti della tradizione delle lotte politiche-sindacali dei decenni passati, come Sebben che siamo donne e pure Bandiera rossa (prima strofa e ritornello, nella versione con “comunismo”).
Tuttavia, alcuni interessanti scambi erano già avvenuti durante il viaggio verso Verona. Alla stazione di Venezia-Mestre, in attesa del treno, abbiamo assistito ad una conversazione singolare tra un gruppo di donne sulla cinquantina che ragionavano sul perché le proprie figlie non fossero con loro alla manifestazione – chi per motivi personali, chi per motivi di studio – e si interrogavano, bonariamente, se questo poco interessamento fosse dovuto al proprio essere “troppo femministe”. L’emergere di questo gap generazionale, su cui vale la pena interrogarsi, viene tuttavia meno una volta raggiunta la meta: la manifestazione non lasciava spazio ad alcuno scarto generazionale né a qualsivoglia separazione o classificazione dei suoi partecipanti.
La manifestazione
Il raduno per la manifestazione generale era previsto nel primo pomeriggio, nel piazzale antistante alla stazione dei treni.
Prima di partire, lì sul piazzale, abbiamo scambiato qualche parola.
Un gruppo di donne, lavoratrici dello spettacolo di Venezia, si preparava alla sfilata cantando una parodia di Sebben che siamo donne, con varianti non da poco: “oilì oilì oilà e la Lega NON crescerà, e noialtre streghe libere…”
Parlando con altri manifestanti, è emerso un paragone con la grande manifestazione del 25 aprile 1994. Ciò è venuto spontaneo a chi – donne e uomini di mezza età – ha associato quel che stava vedendo ai ricordi di 25 anni prima. Nella registrazione c’è anche una “memoria sbagliata” – slittamento di date, come fu per il caso Trastulli – che meriterebbe di essere interpretata.
I partecipanti che iniziavano a radunarsi in attesa dell’inizio del corteo portavano con loro molti cartelli individuali con frasi argute e qualche disegno.
Non solo: figuravano anche varie realtà che animano la scena politica e culturale italiana. Alcuni erano organizzati con bandiere e/o striscioni dietro i quali sfilavano collettivamente.
Tra quelli che abbiamo incontrato c’erano: ANPI, CGIL, Potere al popolo, Non una di meno delle varie province, D.i.Re Donne in Rete Contro la Violenza – Centri Antiviolenza, Amnesty International, UAAR Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti, Noi Siamo Chiesa, +Europa, Chiesa Pastafariana, Murga.
Ognuno metteva in scena la propria identità, personale o di gruppo.
Ma quando il corteo si è mosso le cose sono cambiate.
I gruppi organizzati rimanevano riconoscibili ma la sfilata attenuava i confini e rendeva tutto più fluido. Nella massa in movimento le individualità erano meno distinte perché prevaleva il momento collettivo. Canti, cori e slogan correvano da un gruppo all’altro, e si mescolavano non solo nell’aere, ma anche nelle persone che li eseguivano: prioritario era cantare e urlare insieme, secondario era il che cosa si cantasse o urlasse. Osservando tutto ciò viene da chiedersi cosa differenzia la partecipazione in carne e ossa nello spazio pubblico da quella che avviene nei social network.
L’ambiente sonoro che registriamo è fatto di altoparlanti che riproducono musica in concomitanza con il corteo e slogan cantati a voce o al megafono. Alcuni manifestanti suonano pentole e coperchi, strumenti a percussione, campanacci, etc. Sfila anche una banda. Al passaggio di un elicottero che sorvola la manifestazione si scatena un saluto festoso da parte del corteo. L’episodio si ripete ogni volta che il suono dell’elicottero si avvicina.
Alcuni cori partono da gruppi organizzati, con megafoni “guida” che dettano un verso dello slogan poi ripetuto dal coro, mentre altri nascono senza la forma botta-risposta e sono cantati all’unisono dall’inizio alla fine.
Una ragazza del gruppo Non una di meno di Bergamo ha spiegato che i canti e gli slogan che stavano eseguendo erano stati selezionati da NUDM nazionale, e che quindi il repertorio è controllato e standardizzato. Una cosa simile era avvenuta per due precedenti manifestazioni di NUDM (24 novembre 2018 e 8 marzo 2019), quando il movimento aveva realizzato un canzoniere specifico e lo aveva distribuito.
C’era anche chi non cantava. In un’ansa del corteo, abbiamo incrociato un gruppetto che si autodefinisce Sanca Veneta (Sinistra Veneta) e portava bandiere di San Marco con le frange arcobaleno; si presentano come venetisti di sinistra, autonomisti non leghisti.
Abbiamo preso nota anche di una partecipazione alternativa al corteo, dall’alto dei balconi e delle finestre.
Alcuni residenti ai balconi, al passaggio della manifestazione, osservavano la situazione. Qualcuno ha tirato fuori delle bandiere della pace o alzato il pugno in segno di partecipazione. Il corteo rispondeva con un saluto. Ci sono state anche piccole manifestazioni di senso contrario: da un balcone si è affacciata una donna con l’hashtag #salvininonmollare scritto sulla maglietta.
Ma preferiamo lasciarvi con alcune fotografie dei manifestanti!