di Maria Camilla Fraudatario e Daniele Valisena
È sabato mattina e malgrado la pioggia paralizzi la città, le porte della Casa della Memoria sono già aperte e pronte ad accogliere il gruppo di narratrici e narratori di comunità per il terzo laboratorio, moderato da Maria Camilla Fraudatario, sociologa dell’Università di Firenze, e Daniele Valisena, storico dell’Università di Liegi e membro AISO, incentrato sui temi dello storytelling e degli archivi digitali (qui i report del primo e del secondo laboratorio). Iniziamo a prendere posto, intanto ci raggiungono gli esperti che nel corso di questa giornata – e da differenti prospettive – affronteranno alcune delle questioni cardini quali la produzione di interviste, la loro archiviazione e fruibilità.
Ad aprire la giornata di lavoro, è stato l’intervento congiunto di Luca Rossomando e Riccardo Rosa di Napoli Monitor, magazine napoletano. Fondato nel 2006 come magazine cartaceo, dal 2014 Napoli Monitor è un sito di informazione che racconta le trasformazioni sociali, politiche, economiche e culturali a partire dal basso e “dando voce alle periferie”. Nel caso di Napoli e della sua elusiva dinamica centro-margine urbano, “Monitor guarda all’area metropolitana, non accettando la solita divisione tra centro e periferia”, ha aggiunto Rosa. Oltre ai consueti metodi dell’inchiesta giornalistica, dell’intervista e delle storie di vita, Napoli Monitor ricorre ad altri strumenti narrativi e tra quelli più creativi vi è in particolare, il fumetto e il murale (approfondimento di Diego Miedo nella domenica successiva).
Il resoconto dell’esperienza dei reporter di Monitor ha stimolato un vivace dibattito tra gli studenti e gli esperti sui temi dell’autorialità, del trattamento delle fonti orali e del significato della loro trasposizione scritta da un punto di vista sociale, culturale e identitario.
Queste ultime dimensioni analitiche, anche se con approcci divergenti da quelli percorsi dai Napoli Monitor, sono il punto di partenza dei lavori di Antonio Caiafa, già protagonista del primo laboratorio e cruciale passeur di memorie del quartiere. In questo terzo appuntamento, Caiafa ha mostrato un video-documentario (ancora in lavorazione) sull’antico mestiere dei cazunari. “Ma come si chiama questo mestiere?” – nel video si sente la voce di Caiafa domandare ad un suo intervistato che argutamente risponde: “Nun ten nisciun nome, non si chiama!”. Se un simile profilo professionale è difficile da definire, è anche vero che per decenni quel “mestiere senza nome” ha dato da vivere a diverse famiglie dei vicoli dei Cristallini, impegnate nella riparazione di giacche e pantaloni delle divise militari, o nel riutilizzo delle vecchie pezze per la creazione di zaini e borsoni. Attraverso le interviste raccolte da Caiafa, i cazunari emergono come trait-d’union tra l’onda lunga economica e memoriale della Seconda guerra mondiale e della presenza militare americana in città con l’industriosità di sarte e sarti locali. Da questo incontro è sorto un sistema di economia e socialità in cui pubblico e privato si mescolano senza soluzione di continuità. Resta però aperta la questione relativa al rapporto tra memoria e pratiche dei cazunari nel passato e il loro valore nel presente del quartiere in trasformazione.
Nel pomeriggio, grazie all’esperienza diretta di Matteo Di Cristofaro ci muoviamo dai vicoli del rione Sanità fino all’Ex Villaggio Artigiano di Modena, uno spazio rigenerato dalle attività di OvestLab, nate all’interno del progetto AFOR (Archivio delle Fonti Orali). Di Cristofaro è un linguista dell’Università di Modena che con altre figure professionali – ricercatori storici, architetti, programmatori e informatici – condivide un comune obiettivo: “la creazione di una raccolta di esperienze di vita e di memorie legate al passato del Villaggio Artigiano, attraverso video-interviste archiviate online”. L’ex Villaggio Artigiano di Modena è stato il primo quartiere pianificato dedicato all’artigianato e alla piccola impresa in Italia. Un quartiere moderno, che da luogo propulsore dello sviluppo industriale postbellico e dell’identità operaia modenese, ha subito, come tanti altri luoghi dalla traiettoria simile, un processo di graduale abbandono. Tra le varie iniziative pubbliche e private che sono confluite nello spazio progettuale OvestLab, vi è quella di AFOR. AFOR è un progetto transdisciplinare, cui presta collaborazione sin dalla genesi AISO, dove si incontrano e si contaminano informatica, linguistica, architettura, machine learning e stampa digitale, morfologia urbana e storia orale. Tra le azioni progettate da AFOR vi è la costituzione di un archivio delle fonti orali per raccogliere le testimonianze e le storie che hanno significato e ancora significano l’ex Villaggio Artigiano di Modena. L’archivio fisico che si sta creando e custodendo a OvestLab è aperto al pubblico, ma trova anche una sua forma digitalizzata sul sito ufficiale, in cui è possibile sia consultare le interviste in formato audio e video, sia interagire con una mappatura delle pratiche e dei luoghi raccontati dagli intervistati. In particolare, l’utilizzo di una serie di piattaforme open source rende il progetto un esempio virtuoso per l’accessibilità e la portabilità dell’archivio e in generale, per la sostenibilità dell’intero progetto dal punto di vista economico.
L’utilizzo di una serie di strumenti di mappatura georeferenziata tramite OpenStreetMap ha poi introdotto l’ultima sessione della giornata, dedicata alla contromappatura, intesa come pratica trasformativa di archiviazione e narrazione del paesaggio in senso geo-storico. Nel corso della sessione, Daniele Valisena ha raccolto le suggestioni e le indicazioni dei partecipanti in relazione alle possibili mappature da condurre nella giornata di domenica e da cui sono emersi quattro temi/narrazioni da seguire: i) paesaggio emozionale, ii) spazi verdi, iii) soundscapes e altri paesaggi sensoriali, e iiii) piazza della Sanità: arte e murales tra religione e mitologie contemporanee.
Il giorno dopo torna a splendere il sole sul rione Sanità e narratrici e narratori di comunità si sono organizzati in sottogruppi da quattro per avventurarsi in nuove geo-esplorazioni. Questa volta le mappature per tema e per percorsi sono state corredate da metodologie ibride e discusse in aula: interviste, registrazioni audio e video, foto e mappatura digitale georeferenziata. Nel corso di queste nuove geoesplorazioni, le partecipanti e i partecipanti alla scuola hanno esplorato l’area cosiddetta ‘n’gopp’ e’ cinis’, raccogliendo interviste e mappando pratiche e storie ed emozioni. Un altro gruppo, che è tornato sulla via del Cimitero delle Fontanelle, ha registrato i suoni, gli odori, e le altre qualità sensoriali non visuali che caratterizzano il quartiere e i suoi diversi ritmi e paesaggi non visuali. Un altro gruppo ha invece esplorato Piazza della Sanità e le sue componenti visual-murarie e sacre, in un intreccio di rimandi al sacro, alla dimensione rituale e al mondo ctonio, con rimandi anche a eroi profani come Totò, ma anche Padre Pio. Infine, l’ultimo gruppo ha mappato gli spazi verdi del quartiere, sia — i pochissimi — luoghi verdi pubblichi che i molti spazi verdi privati e privatizzati, rivelando una ricchezza e una quantità di spazi liminali interstiziali ruderali e agresti che dal cuore del rione si propagano fino ai Colli Aminei e alle salite che conducono a Capodimonte. Tutte queste geoesplorazioni sono state coadiuvate da una mappatura georeferenziata attraverso il sito FacilMap sviluppato da AFOR.
Una volta rientrati alla Casa della Sanità, la giornata è proseguita con gli ultimi due interventi degli esperti. Il primo è stato quello di Alessandro Bresolin, storico e sceneggiatore sonoro che da anni collabora con Radio3 e varie emittenti radiofoniche francofone in Belgio e in Francia. Bresolin ha descritto il suo lavoro e le modalità con cui vengono costruite e strutturate le storie sonore, suggerendo una futura collaborazione per la costruzione di un sito di diffusione di tutto il materiale raccolto durante la scuola AISO di Casa Sanità. Punto cruciale dell’intervento di Bresolin, è il tema della narrazione come “scelta” che si articola lungo la sinossi, l’intenzione e lo sviluppo narrativo. La scelta narrativa è anche il fulcro del secondo intervento, quello di Diego Miedo muralista e fumettista, nonché storico collaboratore di Napoli Monitor, che attraverso la propria esperienza in alcuni quartieri di Napoli (Quartieri Spagnoli e Gianturco), ha utilizzato i murales non solo come strumento di rigenerazione urbana, ma anche come punto di contatto con gli abitanti dei luoghi, per coglierne trame di vita individuali e collettive in un linguaggio “fantasioso-reale”.
La giornata di domenica si conclude con una breve discussione dei primi e parziali risultati delle mappature e che anticipano gli sforzi di sistematizzazione del materiale raccolto dai gruppi per la restituzione finale tenutasi nella giornata di martedì 21 dicembre.
Le traiettorie narrative e le diverse mappature del rione, anche se apparentemente distanti, in realtà si intrecciano e assumono non solo una forma scritta, ma anche sonora, visiva, più-che-umana e onirica. Il traffico e il vocio apparentemente confuso di piazza Sanità si dissolve nel silenzio della natura man mano che proseguiamo il nostro cammino su per le Fontanelle e lo Scudillo; un percorso che ci riconsegna paesaggi semi-agresti e ruderali, stratificazioni geostoriche di paesaggi e pratiche apparentemente molto diverse da quelle che caratterizzano oggi l’intenso intreccio del quotidiano del rione.
Una vecchia vigna e un campo sono tesori nascosti tra i muri di un vico. L’odore del pesce fresco, del bucato appena steso, del sugo, dei peperoni o quello delle spezie ci guidano tra le attività quotidiane che si spazializzano dal ciglio delle strade fino all’interno delle case, stuzzicando la nostra fantasia e la nostra memoria affettiva di tavole imbandite delle più buone pietanze che scandiscono il tempo della comunità e ribadiscono appartenenze attraverso questi riti di riproduzione identitaria e culturale. I volti dei santi di ieri e di oggi si stagliano sui muri; le emozioni e le storie, riti e miti attraversano il quartiere, l’area metropolitana e financo la regione, unendo città, santuari, e percorsi di vita apparentemente distanti e scollegati. “Riconduciamo le emozioni ai paesaggi, di cui stiamo apprendendo le proprie e specifiche lingue” (Antonio Canovi).
Sulla scia di queste prime mappature proseguirà il lavoro di ricerca, analisi, elaborazione e archiviazione del materiale per il quarto laboratorio che si terrà a Reggio Calabria il 4 e il 5 febbraio prossimi.
Foto in copertina di Alessandra Mascarucci.