di Alice Mandracci e Irene Dani
Il report “Interpretare l’intervista orale: strumenti e metodi” è il risultato della collaborazione di Alice Mandracci e Irene Dani: entrambe hanno partecipato alla scuola di storia orale sull’interpretazione, organizzata a Roma dal 1 al 2 aprile 2023.
Irene Dani ha una formazione letteraria che la avvicina agli aspetti narrativi e narratologici del racconto autobiografico dell’intervista orale, formazione che si accompagna a un interesse per la narrazione sonora e quindi per la dimensione dell’ascolto, così centrale per la ricerca di storia orale. Alice Mandracci ha invece incontrato la storia orale nel corso dei suoi studi universitari in Storia e Antropologia, anche se sempre trasversalmente, mossa più dai suoi interessi personali che da indicazioni curricolari.
Proprio per il taglio interdisciplinare della Scuola, e il rilievo di tempo e di impegno della fase laboratoriale rispetto all’economia generale di quei due giorni, non è facile ricostruirne i passaggi e i momenti dandone un quadro d’insieme. Per questa ragione sono messi qui a fuoco i due tavoli di lavoro a cui hanno partecipato le due autrici, relativi all’intervista di Eleonora C., nata a Roma nel 1949, e all’intervista di Tommaso A., nato a Torino nel 1947.
Il materiale su cui si è lavorato durante la Scuola Aiso è stato composto da quattro interviste, a due uomini e due donne che avevano partecipato al movimento del 68 in diverse città d’Italia, tratte da una raccolta per una ricerca sul 68 italiano (poi confluita in un volume, F. Socrate, Sessantotto. Due generazioni, Roma 2018). Le interviste sono state raccolte da Francesca Socrate tutte nello stesso anno (2014): gli intervistati e le intervistate hanno l’età dei e delle più giovani fra i/le partecipanti al 68. Per questioni di privacy si è intervenuto sia sulla trascrizione che sull’audio, a cominciare dall’attribuzione di un nome di fantasia alle persone intervistate. I/le partecipanti alla Scuola hanno ricevuto le quattro interviste corredate ciascuna dalla liberatoria firmata a suo tempo dalle persone intervistate.
Introduzione
Si è conclusa domenica 2 aprile la prima Scuola di storia orale del 2023 organizzata dall’Associazione Italiana di Storia Orale con il patrocinio del Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo della Sapienza Università di Roma. Lo scopo della Scuola, dal titolo “Interpretare l’intervista orale: strumenti e metodi”, è stato quello di offrirsi quale occasione di riflessione sui metodi e sugli strumenti che, attingendo a discipline diverse, possono risultare particolarmente utili all’attività ermeneutica di analisi di queste fonti fondamentali della storia orale, mettendo così in discussione un atteggiamento sostanzialmente passivo rispetto alla memoria autobiografica. Si è trattato, dunque, di instaurare una riflessione a più voci su un passaggio fondamentale della metodologia della storia orale che tuttavia manca spesso di attenzione teorica: una eterogeneità di stimoli che si è riflessa non soltanto nei contributi degli/delle ospiti che sono intervenuti/e, ma anche tra noi partecipanti. Il programma della Scuola è infatti risultato di particolare interesse per persone dai percorsi più diversi, permettendoci di creare un ambiente di dialogo proficuo e di confronto.
Pre-formazione
Un primo momento di pre-formazione online è stato dedicato a introdurre la Scuola, la storia orale e l’intervista in quanto strumento metodologico, nonché a fornire ai/alle partecipanti il materiale su cui lavorare individualmente. Jessica Matteo, storica e una delle responsabili della Scuola, ha illustrato alcune pillole di storia orale, per permetterci di partire tutte e tutti da una base conoscitiva comune. La storica Francesca Socrate, altra responsabile della Scuola, ha poi introdotto alcuni strumenti di questo mestiere artigiano attingendo, oltre alla storiografia, ai tre ambiti disciplinari con cui saremmo successivamente entrati in contatto: la narratologia, la psicanalisi e la linguistica. Si è trattato, dunque, di un primo assaggio di quelle che sono le potenzialità insite in questa metodologia flessibile, di cui il gruppo ha cercato immediatamente di fare tesoro.
Se la Scuola in presenza si è caratterizzata per un’impostazione profondamente dialogica, la prima parte dei lavori, costituita dalla pre-formazione e da un lavoro individuale, si è invece delineata quale momento estremamente individuale: ciascuno/a di noi partecipanti, infatti, ha ascoltato un’intervista scelta fra quattro testimonianze di persone che avevano partecipato al movimento del 68. Contestualmente all’ascolto, ciascuno/a di noi ha redatto delle prime note e riflessioni volte a fornire la base su cui discutere poi collettivamente: ciascuno/a ha colto questioni e temi in linea con la propria sensibilità nonché con la propria formazione disciplinare ed è stato/a quindi colpito/a da aspetti molto differenti, come è emerso successivamente.
L’eterogeneità dei percorsi formativi e degli ambiti di ricerca, che si è palesata in tutta la sua ricchezza grazie all’apprezzato momento iniziale di autopresentazione, si è rivelata particolarmente fruttuosa nel consentire di mettere in dialogo esperienze e competenze diverse. A tale proposito, è stato d’ispirazione entrare in contatto, da un lato, con studiose/i che potessero dare conto di esperienze concrete e istituzionalmente situate, e, dall’altra, con traiettorie di ricerca ibride ed aperte, che ci hanno offerto la possibilità di applicare strumenti distanti – quali, giusto per citarne uno, quello della temutissima linguistica – in ambiti disciplinari decisamente più familiari.
Prima giornata
Per le due giornate di lavoro in presenza la Scuola “Interpretare l’intervista orale: strumenti e metodi” è stata ospitata dal Centro di Documentazione Maria Baccante che, come è stato spiegato nell’intervento introduttivo dei responsabili del Centro, porta avanti un progetto di public history volta a ricostruire dal basso la storia dei lavoratori della Snia Viscosa di Roma. Proprio nei locali della ex-fabbrica sabato mattina, dopo una prima introduzione dello storico Bruno Bonomo, il gruppo ha avuto modo di ascoltare gli interventi dello storico Manlio Calegari, della ricercatrice in Critica letteraria e letterature comparate Elisabetta Abignente e dello psicoanalista Giovanni Starace; il dibattito si è poi successivamente arricchito grazie agli interventi pomeridiani dello storico Alessandro Portelli e di Federico Faloppa, linguista. Si è così costituito, come anticamera all’attività di interpretazione collettiva, un contesto multidisciplinare che ci ha invitato ad assumere una postura critica: andare oltre il dato in favore di un’interpretazione stratificata. Un atteggiamento di apertura – ci fa piacere constatare – che è stato proprio anche di relatori e relatrici, favorendo così il confronto e la possibilità di intessere un dialogo che fosse inclusivo degli spunti e delle riflessioni di ciascuno/a. Il loro naturale ruolo di ‘guida’, infatti, dettato da autorevolezza e, soprattutto, approfondita conoscenza circa i temi trattati non è sfociato in una relazione unidirezionale top/down, ma si è declinato piuttosto in termini di feconda parità.
Seconda giornata
Nella seconda giornata della Scuola, divisi in quattro gruppi di lavoro a seconda dell’intervista che ciascuno/a di noi aveva ascoltato e di cui aveva scritto la nota ‘a caldo’, la discussione si è quindi spostata sul terreno della critica interpretativa. Si è dato vita a un processo di interpretazione collettivo: al di là delle osservazioni comuni all’interno di ciascun gruppo di lavoro sulla “propria” intervista, è stato molto interessante notare quanto potessero differire invece le interpretazioni; non tanto sul piano del significato ultimo ma, piuttosto, su quello del posizionamento ‘disciplinare’ dal quale, per differenze di esperienza e prospettiva, ciascuno/a aveva dato precedenza di sguardo.
L’intervista di Eleonora
Nel gruppo che discuteva l’intervista di Eleonora si è costruita una lettura multi prospettica, che teneva insieme contributi di taglio storico, considerazioni di narratologia e di analisi linguistica.
Il confronto si è aperto sulla condivisione delle motivazioni che avevano spinto ciascun/a partecipante a prediligere l’ascolto di quella intervista sulla base delle pur pochissime informazioni ricevute. E così erano emersi come nuclei di interesse la prospettiva di genere, il rapporto di amicizia tra intervistatrice e intervistata, il ’68 vissuto a Roma, il mondo della piccola borghesia così come la formazione culturale, elementi che sono poi emersi nel processo ermeneutico quali fertili spunti di analisi.
Nel tentativo di mettere insieme i diversi contributi, l’interpretazione nei gruppi di lavoro si è conseguentemente arricchita dei metodi e delle categorie teoriche mutuate dagli interventi della giornata precedente. Considerando la storiografia alla base della pratica interpretativa, l’intento della prima giornata di Scuola era stato, in effetti, quello di offrire degli strumenti per potersi avvalere – laddove reputato generativo – di metodi altri, nel tentativo di non tradire e continuare a interrogare la complessità propria della fonte orale per ricavarne arricchimento.
Nella discussione del gruppo che ha lavorato sull’intervista a Eleonora si è così ad esempio partiti da un’analisi di carattere tematico e storico per poi adottare un’ottica narratologica. Ricorrere alla critica del testo ha permesso di interrogarsi sull’auto-narrazione e sulla costruzione di un racconto dell’io che la persona intervistata può mettere in atto (talvolta quasi dando vita alla costituzione di un proprio mito fondativo). Questo aspetto è particolarmente evidente, ad esempio, quando tra il fatto raccontato e il momento dell’enunciazione si interpongono – tratto comune alle quattro interviste del corpus – decine di anni. Si è trattato quindi di rintracciare quei meccanismi spesso inconsapevoli che l’intervistato/a attiva nel diventare narratore di sé stesso, l’individuazione di una intentio auctoris capace di emergere dal bilanciamento che via via si registra tra il concetto di storia e quello di racconto, o tra fabula e intreccio, in modo da poter leggere criticamente il ‘testo’.
Così è stato anche sul piano dell’analisi linguistica, rispetto alla quale il gruppo ha tentato di tenere a mente gli strumenti della linguistica testuale e di procedere nella ricerca di alcune occorrenze. Ne sono emerse considerazioni stilistiche che hanno fatto luce sul tentativo, da parte dell’intervistata, di collocare l’io enunciante all’interno della storia che raccontava ma anche nella sua relazione rispetto alla costruzione della medesima.
È un racconto in cui l’io è centrale o parla di una collettività? Partendo da questa domanda, il gruppo ha posto l’attenzione sull’uso e il bilanciamento dei pronomi personali “io” e “noi”, come anche sull’impiego del discorso indiretto libero. Quest’analisi ha arricchito la lettura dell’intervista e ha portato a interrogarsi su quale sia l’immagine del ’68 che emerge attraverso un racconto in cui l’io è centrale, con una funzione di raccordo tra i fatti, gli incontri e il narrato. La valutazione dei ritmi del parlato, la presenza o l’assenza di silenzi, l’arco narrativo e i rapporti di causa-effetto tra i fatti hanno poi orientato il gruppo a chiedersi se il racconto fosse di carattere autolegittimante e, ancora, se attraverso la storia la narratrice trovasse o meno una capacità di autodeterminazione.
Altro esempio del lavoro applicativo nei gruppi è stato il confronto sul concetto di finale. L’intervento di Elisabetta Abignente aveva invitato a porre l’attenzione proprio sugli explicit dei racconti di memoria, assumendo come ipotesi l’idea che il finale possa essere letto quale sintomo di alcuni meccanismi messi in gioco durante la narrazione. Così la focalizzazione sul finale, grazie anche allo stile vivido proprio del racconto in questione, ha forse permesso di trovare una significazione retroattiva della storia: il racconto del ’68 quale occasione di soggettivizzazione, un ’68 certo classista ma anche motore di rimescolamento sociale e pertanto da leggere anche come possibilità di iniziare a trovare la propria voce.
L’intervista di Tommaso
Nel gruppo di lavoro sull’intervista a Tommaso, discusso è stato anche il ricorso alle categorie interpretative della psicoanalisi. Grazie agli stimoli provenienti dall’intervento di Giovanni Starace che, tra le altre, aveva fatto luce sulle analogie tra il momento della seduta psicoanalitica e quello dell’intervista, sono emerse considerazioni circa il rapporto tra intervistato/a e intervistatore/intervistatrice, co-protagonista dell’intervista e pertanto capace di indirizzare il racconto in un certo modo. Interpretare l’intervista in chiave psicoanalitica, non certo in veste di professionisti ma servendosi di un linguaggio e degli strumenti d’analisi che sono propri della disciplina, è stata una pratica comune ai diversi gruppi di lavoro da orientare esclusivamente verso il racconto o, talvolta, verso l’io che narra, considerandolo pur sempre come personaggio della storia. Comune la volontà di allontanarsi – seppur complessa nell’attuazione – dal rischio di ricadere in una psicoanalizzazione della persona, in favore di una pratica ermeneutica rivolta alla fonte.
Per quanto riguarda il caso di Tommaso, ad esempio, molto si è discusso circa le implicazioni determinate dalla relazione di intima amicizia che lo legava all’intervistatrice: la dialogicità e il tono ironico nonché alcuni sottintesi e rimandi, il cui accesso è rimasto necessariamente precluso, sono stati considerati quali elementi utili ad una più approfondita decostruzione della narrazione offertaci dal suo racconto nonché ad un più ampia riflessione circa il lavorare su interviste realizzate da altri.
Interessante e faticoso è stato il lavoro di restituzione di ciò che era emerso nelle discussioni interne ai gruppi: un lavorìo che si è reso necessario al fine di restituire i nodi, gli spunti di riflessione e gli aspetti metodologici utili al dialogo comune, e di stimolare così la discussione sugli aspetti teorici e di metodo, in modo da rendere possibile raffrontare e collegare le quattro interviste.
Nel tavolo di discussione sull’intervista di Tommaso questa operazione si è giovata, peraltro, del duplice confronto con le responsabili della Scuola: avere un riferimento più autorevole ha sicuramente giovato alla riflessione. Inoltre, entrare in dialogo, nel bel mezzo dei lavori, con un elemento esterno al gruppo ha permesso di riprendere le fila della discussione e il contraddittorio è stato utile per ricalibrarsi e indirizzarsi sulle piste che si stava rischiando di tralasciare.
Conclusioni
Il confronto collettivo finale si è quindi configurato come un tentativo di arrivare a comprendere che tipo di ‘68 stesse emergendo dall’analisi di queste fonti orali: se ne è ricavata una decostruzione della narrazione tradizionale cui è stato possibile accedere grazie al contatto con la dimensione privata restituita dalle interviste nonché un quadro decisamente poliedrico, che ha ci sollecitato ad assumere una prospettiva plurale e a non chiuderci nella ricerca di un’interpretazione unica.
Guardare alla fonte come ‘opera aperta’ e la dimensione polifonica, che è emersa quale segno distintivo della Scuola, ha permesso l’apertura di un primo spazio di riflessione che, per quanto già ricco, si prospetta in divenire e ricettivo di ulteriori possibili chiavi interpretative.