segnalazione di: Alberto Tronchin
“Ghe jera el campo de concentramento… ghe jera tanti slavi. So che i jera trattai come [bestie]… mal, par via del magnar: no i podea gnanca ‘ndar a tor su e scorse de patate, parchè i li bastonava…!” [C’era il campo di concentramento… c’erano tanti slavi. So che erano trattati come bestie… male, riguardo al cibo: non potevano nemmeno raccogliere le bucce delle patate, perché li bastonavano…!]. Testimonianza relativa al campo di concentramento per internati civili jugoslavi di Monigo (Treviso). Ma si tratta davvero di una goccia in un oceano. A tutt’oggi nella “gioiosa et amorosa” Marca quasi nessuno sa che tra luglio del ’42 e marzo del ’43 all’interno delle caserme trevigiane “L. Cadorin” furono rinchiusi migliaia di prigionieri sloveni e croati, dei quali circa duecento perirono di fame, maltrattamenti e malattie.
L’Istresco (Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea della Marca trevigiana), l’associazione culturale “Magazzino La Chispa” e un pool di ricercatrici slovene stanno cercando di raccogliere i ricordi di chi nel capoluogo veneto all’epoca sapeva dell’esistenza del lager e, parallelamente, delle persone internate sopravvissute. Obiettivo primario del progetto è far diventare le odierne caserme un “luogo della memoria”, riportando a un ripensamento collettivo una brutta pagina di un passato “passato troppo in fretta”. (Alberto Tronchin)