di Antonio Canovi.
Franco Ramella, studioso di storia del lavoro, tra i pionieri della microstoria, specialista delle migrazioni interne in Italia, è morto quasi tre mesi fa in ospedale a Torino all’età di 81 anni per le complicazioni da Covid. Gli abbiamo reso omaggio nella pagina Facebook di AISO rilanciando un bellissimo ricordo scritto da Maurizio Gribaudi. Ora il nostro socio Antonio Canovi ce ne consegna un altro, che lo lega alla storia orale, e ci ricorda la fragilità non solo della vita umana, ma anche delle registrazioni che ne contengono il racconto.
Ho incontrato Franco Ramella intorno al 1998, quando andai a Torino per recuperare una intervista di vita che Franco aveva realizzato a Parigi negli anni Ottanta assieme alla moglie e ricercatrice Luciana Benigno.
L’oggetto-soggetto di studio era Gina (Elgina) Pifferi, una donna della collina emiliana che nella capitale francese era approdata alla metà degli anni Trenta fuoriuscendo rocambolescamente dalle grinfie della polizia fascista. A Gina dovevo una promessa strappatami sul letto di morte, quando – era l’autunno 1997 – mi consegnò le chiavi della sua casa parigina con l’affidamento di un preciso mandato: fare emergere dall’ombra la Comédie humaine degli esuli italiani in terra di Francia. E qualche ragione l’aveva, nel farmi la consegna. Pur essendo trascorsi non molti anni dalla fondazione del CEDEI, il Centro documentazione emigrazione italiana creato per volere esplicito di Sandro Pertini, appurai con vera costernazione la scomparsa del fondo orale in audiocassette dal patrimonio archivistico in possesso del Centro. Verba volant! è il pane quotidiano dello storico orale.
Scomparse le irripetibili audiocassette, grazie soprattutto all’aiuto di Antonio Bechelloni animatore generoso della rivista “La Trace”, trovai la mia di traccia, portandomi sino alla casa in Borgo Po dove fui accolto con bella disponibilità umana e curiosità intellettuale da Franco e Luciana. Storici correttissimi, il frutto del loro lavoro – le delicatissime audiocassette in riproduzione analogica – l’avevano consegnato a suo tempo al CEDEI; saputa la notizia della documentazione scomparsa, persino più costernati del sottoscritto, si prodigarono per vedere di recuperare almeno le famigerate “trascrizioni”. Così fu ritrovata, purtroppo tra pochissime altre, l’intervista a Gina. Nel gesto gratuito di renderla nuovamente disponibile, mi fu fatto dono di una lezione di umanesimo storiografico. In seguito, quando venne il momento di presentare la biografia di Gina Pifferi nel suo paese natale di Roteglia – trasformatasi nel frattempo da collina povera ad affluente distretto ceramico – va da sé che Franco e Luciana chiusero il cerchio accogliendo l’invito ad intervenire per trasmettere, in un luogo della vita, il lavoro annoso e affettuosamente critico della memoria.
Il ricordo di Franco, il fine e appassionato “cucitore” di Terra e telai. Sistemi di parentela e manifattura nel Biellese dell’Ottocento (Einaudi 1984), potrebbe finire qui. Tuttavia, c’è un episodio successivo di qualche anno che la notizia della sua morte ha interpellato nel fondo soggettivo del mio oblio di riserva. Nel contesto di un libro a più mani commissionato dall’allora assai prestigioso Centro Studi Storia del Lavoro, Franco ebbe la responsabilità di una sezione microstorica, cui fui associato con il compito di restituire l’esperienza dei distretti industriali emiliani. Rammento gli appassionati confronti tra lui e Michael Eve, nell’orbita della network analysis, quindi il sì convinto a trarne un saggio di storia orale. Fosse per la tipologia di fonti, per lo stile di scrittura volutamente improntato al vissuto o forse – mi piace pensare – per l’impronta “rasoterra” e finalmente demitizzante adottata, fatto sta che Franco, accigliato, mi comunicò che il saggio così confezionato non era ritenuto pubblicabile dal committente. La cosa non parve riparabile; probabile che vi fosse altro ancora in quella sezione a far storcere il naso. Franco ebbe la discrezione di non entrare nel merito. Poi fece un passo di raro coraggio personale che me ne mostrò la tempra intellettuale, decidendo il ritiro della propria co-curatela dalla pubblicazione, insieme all’intera sezione microstorica affidata alla sua diretta responsabilità scientifica.