di Alice Mandracci
Incontro online, 20 gennaio 2025 – Alice Mandracci intervista Antonio Canovi e Giulia Zitelli Conti
Allora, in realtà questa intervista nasce un po’ come occasione di riflessione rispetto al grande cambiamento che AISO sta attraversando adesso. E quindi anche con l’intento di sfruttare questa occasione per rendere partecipi soci e socie di quello che è stato un po’ il trascorso e quali sono le ragioni profonde di questo cambiamento. Vi chiederei se avete voglia di fare un sorta di piccolo bilancio di quella che è stata la storia di AISO: i modi e gli intenti che hanno portato alla sua creazione e poi le evoluzioni che hanno portato a prendere la decisione di questo cambiamento. E poi quali sono le implicazioni e le prospettive future, insomma. Molto liberamente, ecco!
A: Giulia, vuoi partire tu?
G: Ok. AISO – l’Associazione Italiana di Storia Orale – nasce nel 2006. Quindi, diciamo che ha compiuto la maggiore età a questo punto della sua vita. [sorride] E nasce con l’intento di raccogliere studiosi e persone che a vario titolo, e per varie ragioni professionali, si interessano di fonti orali. Nasce anche da uno stimolo internazionale. Questa è “l’impronta genetica” che ha all’inizio, che continua di fatto a mantenere, e speriamo mantenga anche nel prossimo futuro. Negli anni sicuramente l’associazione è cresciuta da un punto di vista numerico e si è allargata da un punto di vista generazionale. Direi soprattutto negli ultimi sei o otto anni. Ha ampliato le sue attività e i suoi interessi ed è diventata un luogo non solo di coordinamento e raccolta di studiosi che fanno uso di fonti orali, ma un luogo in cui si fa storia orale. Si fa storia orale ad esempio, nelle Scuole di storia orale.
A: Provo allora ad integrare in questo modo, nella nostra dialettica. Sì, credo che ci sia stato un po’ un allargamento ma anche direi forse un cambiamento nella storia di AISO, determinato anche dalla vita dell’associazione. Ecco, forse metterei l’accento su questo. Nel senso che lo scoprirsi essere associazione ha determinato dei cambiamenti, legati ai bisogni di chi si associa… ma sempre in fortissima interazione con quello che si chiama in senso lato il territorio – con la società, diciamo. Quindi, se nel 2006 dopo decenni di dibattito carsico sul fare o non fare una associazione di storia orale in Italia… e, quindi, lì sono vere anche le cose che ha detto Giulia: una sollecitazione internazionale e anche, probabilmente… senza probabilmente: c’è stato Portelli, quindi anche una consapevolezza rispetto a Roma, in questo caso. Perché nasce a Roma, quindi legata alla Casa della Memoria, no? Comunque si trattava di un soggetto nuovo che andava evidentemente significato in maniera anche nuova: Portelli in quel periodo si prestò anche per un lavoro di tipo politico e civile. Veniamo a quello che è cambiato… specialmente negli ultimi otto anni, sì. Per la memoria mia personale… Beh, io ho qualche anno in più, quindi [scherzoso] ho la memoria ancora più vaga… Però intorno al 2015, con Giovanni Contini – io lo citerei! È giusto citare la fondazione, la prima Presidente è stata Gabriella Gribaudi, ma poi con Giovanni Contini ci fu questa consapevolezza: che era proprio necessario avere una vera associazione, che fosse nazionale, che avesse determinate reti e geografie… non solo legata ai rapporti interpersonali, che pur ci sono sempre stati in AISO. Una consapevolezza proprio legata all’essere associazione, questa è una prima chiave. Seconda chiave – lo posso dire io più tranquillamente, visto i rapporti intergenerazionali che ci sono tra noi – è che negli ultimi sei anni c’è stata una fortissima mobilitazione generazionale, delle giovani generazioni. Un interesse per la storia orale molto più accentuato e anche più spregiudicato, non mi sembra sbagliato da dire. Per cui, da varie parti, con varie configurazioni e vari profili c’è stato un coinvolgimento. Una nuova generazione, giovane e quindi… nuova. Questa e’ la dinamica in cui ci troviamo immersi. Abbiamo soci di varie generazioni, con una forte accentuazione delle generazioni più nuove che fanno o si predispongono a fare storia orale. Una presenza nazionale che stiamo cercando in tutti i modi di radicare, e io direi anche una consapevolezza della dimensione internazionale. Non è mai mancata, tuttavia era forse più legata a singoli studiosi, perché è vero che la storia orale italiana ha generato tantissime importanti studiose e studiosi.
Ecco, questo è molto interessante – secondo me – rispetto a come potrebbe essere il ruolo dell’Associazione come punto di incontro di una pluralità di soggetti, istituzioni, persone singole che si interessano di storia orale. Rispetto a quello che potrebbe essere… visto quello che è stato il trascorso, mi viene un po’ da chiedere come poi è nata questa idea di cambiamento in APS: da quello che ho visto, mantiene in qualche modo il legame con la tradizione dell’Associazione molto forte ma ci sono dei cambiamenti. In primis lo Statuto ma anche altre questioni, mi sembra di poter dire. Quindi, volevo chiedervi se poteste parlarmi un po’ di questo, ecco.
G: Ci invertiamo, però! Adesso inizia tu, Antonio.
A: Va bene, se preferisci d’accordo! [ride] Sì, per quanto riguarda lo Statuto – Io partirei da lì perché è quello che andiamo a cambiare. C’è stata una promessa, che ho fatto. Non voglio dire incautamente [sorride]: ci credevo, l’ho fatta e… faticosa, eh! Nel periodo dopo la Presidenza di Alessandro Casellato, che ha visto anche questa dinamica di partecipazione di nuove generazioni molto forte, ecco che nel 2021 con la nuova Presidenza è stato dichiarato proprio come obiettivo di mandato – di fare l’APS. Perché? Ci sono due ragioni essenziali… una è che siamo un’associazione e quindi non siamo una monade e occorre confrontarci con quello che è un contesto sociale, politico e giuridico. È stata prodotta una legislazione – ancora in corso – per cui si richiede alle associazioni che intendono avere una vita sociale – come la nostra, che per di più è nazionale – di avere uno Statuto, in conformità a questa legislazione. Ci sono varie possibilità: noi abbiamo scelto di essere un’Associazione di promozione sociale. Non scordiamo la cultura! [ride] su questo c’è stato un dibattito molto acceso anche dentro l’attuale Giunta e il gruppo che sta lavorando allo Statuto. “Promozione sociale” e’ per legge e a me non dispiace nemmeno perché questo vuol dire che ci ricorda che dobbiamo essere un’associazione! Questo per il quadro giuridico. L’altra questione è il rapporto con l’economia della cultura – la chiamerei così. Un’economia della cultura fortemente cambiata, pur nella debolezza strutturale della cultura in Italia… ma questo lo sappiamo: spesso è stata un’attività per benestanti o – come si usa dire – di chi può permetterselo. In verità c’è stata una novità, che è quella di lavorare… sì, di lavorare! Che è un bel verbo. Con partner, tramite partenariato. Cioè, non si fa cultura o storia orale soltanto o principalmente partendo dalle Università – che è stata tutta la prima fase di AISO – ma c’è un largo campo di soggetti che agiscono a livello territoriale, tematico, internazionale… quindi su scale locali, nazionale, europea. Fanno cultura con le fonti orali o, in maniera più consapevole, facendo storia orale. Se vogliamo stare in questa economia della cultura, non possiamo non essere APS. Che vuol dire non solo avere una pelle giuridica, ma dichiararsi essere Associazione, promuovere socialmente cultura e disporsi al partenariato. Questo comporta delle problematiche. Mi fermo qua. [ride] Il quadro orientativo è questo, l’abbiamo macinato ed elaborato dal 2021 insieme a Giulia e all’Associazione.
G: Rispetto a questo mi sentirei solo di aggiungere una cosa che ha convinto me, personalmente, a fare questo passaggio: la possibilità di avere una forma di associazione che ci consenta anche di rilasciare crediti formativi. Cioè, uno dei cuori pulsanti della nostra attività sono le formazioni, le Scuole di storia orale, oppure i seminari. Noi però non siamo in grado di far risultare questa cosa in nessun modo ai soci che abbiamo, che sono anche in numero cospicuo docenti, insegnanti e anche studenti. Per cui c’era, secondo me, questa attesa da parte dell’Associazione a cui forse ora potremo rispondere: la possibilità, in sostanza, di rilasciare crediti formativi. Poi sostanzialmente questa trasformazione è il tentativo di dare, a un’associazione che è già cambiata negli ultimi anni, che si è già trasformata in parte, l’abito giusto: per far sì che tutto sia più lineare, più limpido, più semplice anche nella gestione quotidiana della vita dell’associazione. Di fatto, il cambiamento ha preceduto la trasformazione in APS.
Ecco, qui sono state tirate in ballo due questioni su cui vorrei chiedervi, quindi scegliete poi voi da dove iniziare. Una è proprio rispetto alla formazione con le Scuole che negli anni state organizzate da AISO: quindi, quello che vorrei chiedervi è – tenendo conto che ovviamente c’è stato tutto questo percorso, immagino anche di sperimentazione a livello di organizzazione, di momenti di formazione e di Scuole diverse – quali possono essere le prospettive e in che modo… quali i cambiamenti auspicabili, se possano essere meglio gestibili oppure quali occasioni si possono creare. Un altro pezzettino ha a che fare con dei cambiamenti che erano già in atto all’interno dell’Associazione ma che adesso si stanno in qualche modo consolidando. Penso ad esempio alla creazione dei Tavoli e di queste realtà un pochettino più strutturare all’interno dell’Associazione. Vi chiederei insomma di riflettere un po’ su questi aspetti qua.
G: Vai Antonio, incomincia tu!
A: Ah, inizio sempre io? [ride] Va bene. Allora, Giulia ha introdotto la questione dei crediti formativi: un’attesa di formazione. Sì, credo che la formazione faccia parte di questa costituzione materiale che precede la pelle o l’abito di cui parlava anche Giulia. Questo farsi associazione è in relazione non solo ad un pensiero dall’interno ma risponde anche ad una sollecitazione esterna. Dal 2017 abbiamo iniziato a sperimentare modi e approcci – che stanno prima dei modelli – a fare Scuole di storia orale nel paesaggio. Senza ovviamente rinunciare a quelli già esperiti, no? Convegni, seminari… e, quindi, anche temi che erano storicamente già di interesse per AISO e per chi fa storia orale. La novità è che abbiamo provato a fare questa sperimentazione scegliendo di calarci in contesti locali, territoriali, che noi abbiamo chiamato paesaggi. Quindi, c’è tutta una soggettivizzazione molto forte di quelle che sono i soggetti partner di queste scuole, a cui si chiede un lavoro di interpretazione. E’ un’esperienza – quella della Scuola nel Paesaggio – che comunque è senz’altro debitrice di una sensibilità che si è proposta e confermata negli anni al tema dell’appartenenza. L’appartenere ai luoghi, l’appartenere a paesaggi, a delle reti – a cerchie di ascolto, a me piace dire. Scegliere di farne parte. Quindi partecipare a delle memorie collettive. Dall’altra parte, una scuola di storia orale funziona bene quando c’è una partecipazione che è intergenerazionale, non è soltanto locale. Le abbiamo fatte in molti posti, urbani e non urbani… anche di montagna. La partecipazione variegata porta competenze e bisogni differenziati, i quali non si associano in maniera immediata. Laddove accade, lì portiamo qualcosa che non presisteva. Questa postura, almeno non in maniera così consapevole e… non voglio dire strutturata ma diffusa, a quanto pare e’ patrimonio di AISO e non delle altre associazioni di storia orale in giro per l’Europa. Aggiungo una cosa: sono convinto che queste Scuole abbiano attecchito anche perché l’Italia è fatta in un certo modo. È un paese in cui veramente le pieghe territoriali sono tante e sono sempre vivaci. Chiedono riconoscimento. Questo cosa comporta, dal mio punto di vista? Diventare APS… io spero, confido che ci aiuterà anche perché comporta di essere molto più organizzati. Ci permetterà di innovare quella che è la nostra offerta formativa. In questo momento, cosa che non era stata fatta in precedenza perché non ve n’erano le precondizioni, abbiamo maturato le condizioni di poter formare dei nuovi formatori in storia orale. Per “nuovi”, intendiamo persone che si sono affacciate più recentemente e che continuano ad associarsi, tra i più giovani… giovani-adulti, chiamiamoli così, come categoria sociologia. Questa è una bella questione: vorrebbe dire accompagnare un salto generazionale. Dico salto perché tutta la società e la cultura italiana sconta delle generazioni che sono meno viste e che hanno faticato ad affacciarsi in uno spazio pubblico. Qui noi in AISO abbiamo tutte le generazioni, però è molto evidente che sussiste un salto: abbiamo i senior [ride] e i giovani-adulti, che sono… che si stanno formando. In mezzo abbiamo un po’ meno. Ora con le Scuole nel Paesaggio abbiamo creato un’opportunità che va colta e tradotta in un compito da assolvere come Associazione: produrre una formazione con sistematicità che prepari e si affidi a formatori nuovi. Questo è un primo elemento. Sto parlando troppo: l’ultima cosa a proposito dei Tavoli. Magari Giulia può descrivere meglio quali Tavoli abbiamo proposto. Dal mio punto di vista, vanno posti a sostegno e a servizio di questo passaggio. Ci sono tavoli molto diversi tra loro… Alcuni raccolgono istanze già esistenti, altri stanno proponendo di associare competenze, intenti, sensibilità che stanno affiorando. La mia parola chiave in questo momento è affioramenti… ecco! [sorride] Noi abbiamo cercato di affiorare come Associazione e di far affiorare la storia orale laddove fin’ora… o non è stata vista o è stata vista come qualcosa che ha a che fare con gli anni Settanta. Tutto questo è vero ma è successo! Ora c’è del nuovo che può succedere e accadere!
G: Sì, anche qui… aggiungo poche cose. Le scuole in realtà partono nel 2011 ma, come diceva Antonio, nel 2017, con l’esperienza a Corleone, inizia ad essere sperimentata anche un’altra forma di scuola AISO, quella nel paesaggio. […] Aggiungo una nota critica sulle Scuole – meglio, cosa vorremmo che facessero di più, ecco! Le Scuole in alcuni casi sono state un po’ “epidermiche”, e va bene anche così. Senza ritorni, magari. A volte, invece, sono diventate delle ricorrenze, degli appuntamenti annuali che ci hanno fatto mettere radici in alcuni contesti. Ci piacerebbe forse che accadesse di più: poter coltivare maggiormente alcune relazioni territoriali e anche rendere queste esperienze non solo “di formazione” ma anche “di ricerca”. […] Ci piacerebbe sicuramente – e su questo a breve uscirà sul sito di AISO un articolo-riflessione di Patrick Urru – che i materiali costruiti durante le scuole, le interviste raccolte, diventassero degli archivi. A volte è accaduto, molte altre volte no. Ci piacerebbe che che questa documentazione trovasse luoghi di conservazione e che le scuole attivassero anche dei percorsi di ricerca: magari con delle tesi di laurea o di dottorato. Perché questo passaggio manca: è successo il contrario, cioè che progetti di ricerca hanno attivato, o siano stati tra le energie propositive di Scuole. Ci piacerebbe anche il contrario, cioè che chi partecipa ad una scuola AISO faccia del tema approfondito durante la scuola o del paesaggio storico esperito in quei giorni il proprio oggetto di studio. Rispetto ai Tavoli… mi si chiedeva di articolarli un po’ . Noi abbiamo un Tavolo sugli Archivi e le Biblioteche, abbiamo un Tavolo sulla Didattica e un Tavolo Scuole AISO e formazione. Abbiamo un Tavolo sulla Storiografia e un gruppo di socie che si interessa di audiodocumentari e podcast. E poi il Tavolo sulla Comunicazione, che coinvolge anche la Redazione di AISO. I tavoli, che sono aperti alla partecipazione di tutti i soci, rappresentano la possibilità di incontrarsi, discutere, progettare, vivere l’associazione.
Ecco, a proposito invece dei luoghi. In realtà – se non sbaglio – con questo passaggio cambia anche la sede di AISO. In realtà poi la presenza dell’Associazione sul territorio è molto variegata e molto capillare, per cui non so se questo sia effettivamente un cambiamento. Però, sono incuriosita da questo aspetto. Al contrario, invece, prima Antonio ha accennato un po’ al legame dell’Associazione con Roma e insomma… se potete restituire un po’ di questo aspetto.
G: Ci sarebbe piaciuto tenere una continuità con l’attuale sede, anche per una questione di geografia, per avere un baricentro che fosse raggiungibile più facilmente dal sud. E poi, chiaramente, avere la propria sede nella capitale ha un suo significato. Dobbiamo dire che negli ultimi anni non abbiamo sfruttato molto questa sede anche per un discorso… perché l’Associazione è un’associazione di persone che lavorano in diversi campi, a scuola, in ufficio, in università e spesso le nostre iniziative assembleari le organizziamo di sabato, per consentire un’ampia partecipazione, e la Casa della Memoria e della Storia quel giorno è chiusa. Abbiamo provato a mantenere la sede lì ma non ci siamo riusciti, anche per delle ragioni di banale burocrazia. Quindi abbiamo trovato accoglienza da parte di un Istituto al quale siamo legati e con il quale abbiamo costruito alcune cose importanti. Stare in un Istituto e avere la sede legale all’interno della rete Parri, in questo momento storico peraltro, per noi ha un significato preciso, che rimanda alla storia della storia orale italiana. Su questo però lascio il Presidente esprimersi.
A: Sì, Giulia ha giustamente… è giusto mettere in valore questo passaggio. Noi abbiamo cercato – o meglio, stiamo cercando perché poi la trasformazione la terminiamo il 31 – di mantenere tutti i legami con tutta questa tradizione che AISO ha creato. Quindi, la sede e anche la modalità di lavoro… queste le metto insieme perché comunque è un modo di essere. Ci siamo trovati nell’impossibilità formale di confermare la sede, è una questione giuridica. Quindi abbiamo ragionato rapidamente su cosa poter fare. Modena, che è la sede in cui l’APS ripartirà… presenta due caratteristiche che io confido possano funzionare. Poi, sta anche a noi! La prima è di avere un’operatività che ci era impossibile nella sede romana, in quanto ne è cambiata la natura, è diventata biblioteca e aveva tutto un suo regime di funzionamento. Quindi, confidiamo in un’operatività specificamente in relazione con l’Istituto Storico, che sta in una rete a sua volta nazionale di istituti della resistenza e che sta investendo sulla storia orale. Questa rete rappresenta dei valori ma anche delle esperienze che ci interessano: la agognata, conquistata Italia repubblicana e antifascista. E c’è anche forse una dimensione di provincia. Può piacere più o meno ma so che in Italia non dispiace. Questo è un punto a favore. La sede a Modena non viene vista come un ripiego ma neanche come un qualcosa che sia una rinuncia ad essere in altri luoghi più importanti… valorizziamo questa geografia italiana lunga! Poi sta a noi effettivamente far sì che questa sede abbia davvero nell’immediato una capacità sua propulsiva e di creare di nuovi legami. Poi, è una sede: si può sempre cambiare in un futuro.
Ecco, adesso hai citato il 31. Il 31 c’è l’assemblea straordinaria e mi chiedevo… questa forse è una mia ingenuità a livello burocratico. Però, poi auspicabilmente – dovesse andare tutto a buon fine – come ci si muoverà? Quali sono i primi passi un po’ in concreto, ecco?
A: Noi andiamo in assemblea. Ogni assemblea vale a sé e noi stiamo enucleando – qui insieme a Giulia – quelle che sono delle intenzioni.
Certo.
A: All’assemblea straordinaria – quindi, vuol dire che è una cosa straordinaria nella vita di AISO – andiamo con il gruppo di lavoro attuale. Quindi, noi abbiamo una Giunta, una Segreteria, una Redazione – il gruppo che sta lavorando e anche qualche socio più attivo, che collabora con i Tavoli. Questo è importante! Non sono molte le associazioni che hanno una vita così dialogata. Fondamentalmente con questo gruppo… è un gruppo che sta dimostrando di lavorare bene, quindi l’intenzione è di dare vita a Tavoli e iniziative formative. La trasformazione servirà a qualificare l’attività di AISO. Alcuni punti saranno più immediati. Attenzione, noi abbiamo una necessità: E’ un anno in cui i soci saranno sottoposti a [ride] una richiesta continuata di partecipazione. Cioè, noi con la trasformazione come APS da normativa dobbiamo per legge fare un’assemblea ordinaria entro il 30 di aprile. Quindi, questa assemblea ordinaria entro il 30 di aprile probabilmente sarà la messa in carreggiata dell’APS. Sicuramente da febbraio si aprirà una discussione partecipante su cosa fare, cosa qualificare e quali persone vi intendono partecipare, in quali modi e con quale ruolo. Nell’intenzione ci sarà, e mi sento di dirlo qui, un cambiamento negli organi di rappresentanza. Un cambiamento parziale, non sta a me dire altro per ora, se non che questa è la consuetudine buona che è subentrata negli ultimi dieci anni: quella di costruire delle rotazioni tra le persone, che si assumono responsabilità e impegni nella vita dell’Associazione. Perché poi richiede molto impegno, il fatto di partecipare con qualche ruolo all’associazione. È giusto e fisiologico ma è anche bene per tutti, che si confermi questa rotazione.
Colgo l’occasione per fare una domanda un pochettino diversa, che ha a che fare con la partecipazione di soci e socie ed eventualmente persone che sono esterne ma sono incuriosite a vario titolo dalle attività di AISO. Questa è una delle questioni su cui internamente si sta riflettendo e discutendo – su come comunicare al meglio le iniziative, le progettualità interne o quello che succede. Vi volevo chiedere – a livello di indicazione generale – quali sono le occasioni e le modalità di partecipazione sia di coloro che sono già associati e associate e sia di coloro che magari sono incuriositi ma non sanno come approcciare AISO come associazione.
A: Vai pure Giulia, io ho già risposto sui passi e sugli aspetti più istituzionali… è una domanda interessante, Alice.
G: Posso dire qual è la pratica comune, che è forse caratteristica della nostra associazione. AISO è – l’ho detto spesso, anche pubblicamente [sorride] – una casa accogliente. È un posto in cui, se tu hai voglia di fare qualcosa, fai un passo dentro e immediatamente sei in un vortice… sei dentro l’onda: ti muovi insieme agli altri, puoi fare, puoi mettere del tuo e crescere insieme a persone che condividono una passione per la metodologia della storia orale, per l’ascolto, per le vite degli altri A me personalmente… che ormai sono in associazione da sei anni, e non è forse neanche un tempo lunghissimo, mi ha dato proprio tanto, di più di molti altri ambienti… perché ti mette in connessione reale, ecco. Se hai questa volontà di metterti dentro, di metterti in relazione (e a volte anche in discussione), AISO è un luogo che accoglie. Stiamo cercando di raggiungere tutti quei soci e quelle socie che magari si associano per una specifica occasione e non entrano immediatamente in questa rete, stiamo cercando di coinvolgerli di più nel centro dell’Associazione, anche attraverso la Redazione che è un’altra delle anime di AISO. Un luogo, anche qui, in cui se uno ha voglia di far conoscere le proprie ricerche, di discuterle, è un luogo sicuramente dove questo è possibile. Il sito e i social AISO lavorano molto bene secondo me. Stiamo cercando di migliorare, invece, dal punto di vista della comunicazione ordinaria, quello legato alla gestione di mailing list ad esempio.
Sì, questo… in realtà chiedevo anche un po’ a livello provocativo perché è proprio una delle questioni su cui si sta riflettendo. Per cui, anche le varie modalità… ad esempio, una delle cose che ho notato è che uno tra i vari aspetti importanti da questo punto di vista è il sito e alcuni miglioramenti sono stati fatti. È una delle modalità di raccontarsi dell’Associazione, che è importante per potersi poi eventualmente mettere in relazione con altri soggetti.
G: Aggiungo solo che AISO – da qualche parte possiamo ricordarlo [sorride] – è un’associazione di volontari, di persone che mettono generosamente a disposizione il loro tempo e le loro competenze. Facciamo il nostro meglio, ecco.
Non so, mi chiedevo se aveste qualche riflessione finale o se volete soffermarvi su qualche aspetto o tema su cui non vi ho chiesto nello specifico… su cui avete piacere di dire qualcosa.
G: Rifletto a voce alta. Non so se vogliamo entrare nelle specifiche del nuovo Statuto o del modo in cui si è lavorato sullo Statuto, forse possiamo aggiungere qualcosa su questo?
A: Sì, di questo non ho parlato prima.
G: È stato un processo abbastanza lungo! È iniziato, appunto, come una promessa programmatica nel 2021 e poi… servivano dei tempi di maturazione. Inizialmente hanno lavorato sulla bozza dello Statuto alcuni soci e socie del Direttivo insieme alla Segreteria AISO, ma ci abbiamo tenuto a far sì che fosse un processo il più possibile condiviso e discusso con l’Associazione. Per cui, circa un mese prima della discussione assembleare, abbiamo inviato a tutti i soci la prima bozza di Statuto e abbiamo organizzato un incontro online per discuterla, che è stato secondo me molto utile… il confronto con le persone che hanno partecipato è stato importante sia per rendere il processo più partecipato sia per rifinire, migliorare, perfezionare quanto era stato elaborato. Aggiungere accenti che mancavano, e sgrossare un po’ questa prima bozza. Poi l’Assemblea del 31 gennaio sarà un’ulteriore occasione di discussione, e ci teniamo sia il più partecipata possibile.
A: Sì… beh, direi che ci ha abbastanza sviscerati la nostra Alice, no? [sorride] A questo punto lasciamo questo messaggio: chiediamo per favore a soci e socie AISO di partecipare, di esserci e di iscriversi quel giorno alla nuova APS AISO. Questa è stata anche la scelta, di fare un’assemblea straordinaria: richiede una presenza e abbiamo detto “venite, partecipate, iscrivetevi quel giorno”. Quindi, un’assemblea vera, eh! È un vestito che arriva dopo aver costruito tutto un processo di trasformazione partecipato. Quindi, facciamo un appello alla partecipazione, in questo senso.
G: Scusate, adesso ci ripenso e mi vengono in mente altre cose. Vuoi dire qualcosa sulle convenzioni anche?… con le università. Perché c’è anche questa parte, che è stata un po’ centrale dentro il tuo/ nostro mandato, ormai alla sua conclusione.
A: Sì, aggiungiamo pure! [ride]… le residue energie che abbiamo le mettiamo anche su questo, ci sono novità in corso per quanto riguarda le convenzioni, nel merito sarei per parlarne piu’ distesamente il 31 a Bologna, ma intanto vai pure Giulia!
G: Sì, un’altra delle cose su cui in questi anni abbiamo lavorato sono le convenzioni, nell’ottica di… formalizzare… non è il termine che cerco, sostanziare. Sostanziare alcune relazioni con le università. Abbiamo attivato una serie di convenzioni con alcuni Dipartimenti universitari, che ci consentono di costruire insieme iniziative di discussione sulle pratiche storia di storia orale, di costruire progetti, di elaborare proposte didattico-formative, di avviare tirocini, seguire, almeno potenzialmente, tesi di laurea costruite con interviste. Poi, chiaramente, ogni convenzione ha le sue specificità. Questa è un’altra cosa in cui abbiamo messo delle energie e del pensiero negli ultimi anni.
A: Sì, sono anche convenzioni Alice che non hanno caratteristiche tutte analoghe. Alcune sono con dei Dipartimenti, quindi sono molto programmatiche, no? Il caso di Torino è un esempio significativo, è stato il primo in questo senso. Altre invece più legate a singole iniziative, come per Cagliari… con la scuola di Ludica. Poi c’è la convenzione con le biblioteche, in cui Giulia è stata protagonista con il Pilastro a Bologna. Ora stiamo dialogando con la Panizzi a Reggio Emilia… L’importante è comunicare questo fatto: partendo da relazioni che o c’erano già in precedenza o si sono create in tempi più recenti, con la convenzione si esce da una logica più legata ai rapporti interpersonali. Non ne prescindi mai ma in maniera più programmatica ti proponi come Associazione nei confronti di soggetti esterni. Dipartimenti, in questo caso, ma poi con tutti gli enti istituzionali: diciamolo, c’è la possibilità di diventare partner, per tutto quello che riguarda la storia orale. Poi, nel mezzo delle convenzioni si vedono tante relazioni precise. Però anche questo si può dire: abbiamo dedicato molta attenzione anche alla strumentazione, che sembra qualcosa che va in subordine. Voglio dire, se indichi i valori, la storiografia, le competenze puo’ sembrare sufficiente, ma indicare le strumentazioni da un po’ il polso di quello che stai davvero facendo. Per cui… ecco, nella bozza di Statuto troverete un bell’elenco: campi, temi, metodi e tecniche – su cui ci proponiamo di lavorare.
G: Sì, poi, come battuta finale [sorride] – non so neanche se Antonio è d’accordo, forse no perché ha una consapevolezza diversa di quello che stiamo facendo – ma secondo me questa trasformazione è un po’ un passo… è un po’ un rischio, no? Nel senso che usciamo da una nostra zona di comfort, da qualcosa che conosciamo. Però ci siamo convinti, nel tempo, che sia necessario farlo per corrispondere maggiormente al presente della storia orale. E al futuro? Boh, ci mettiamo il punto interrogativo magari [sorride]
Ottimo! Allora io vi ringrazio e ribadisco quindi l’appuntamento del 31 in battuta finale.