Kappa edizioni, Bologna 2008, pp. 173.
recensione di: Alessandro Cattunar
Negli ultimi anni, in Italia, abbiamo assistito (anche se in ritardo rispetto ad altri paesi) ad un’improvvisa ed eccezionale diffusione dei graphic novel, cioè di quelle narrazioni a fumetti autoconclusive e non seriali. Ancora più interessante è notare come questo tipo di narrazioni si siano interessate in maniera massiccia alle problematiche della storia e della memoria. In particolare, sembra che il medium del fumetto sia particolarmente adatto – grazie agli specifici codici che stanno alla base del suo linguaggio – per affrontare i complessi legami che si instaurano fra la storia e la memoria individuale.
Un bell’esempio, in questo senso, ci viene fornito dal graphic novel In Italia sono tutti maschi, disegnato da Sara Colaone e scritto da Luca De Santis, che tratta del confino degli omosessuali durante il fascismo. Come sottolineano gli storici Tommaso Giartosio e Gianfranco Goretti (autori della monografia La città e l’isola. Omosessuali al confino nell’Italia Fascista, Roma, Donzelli, 2004) nell’introduzione al fumetto, In Italia sono tutti maschi racconta una di quelle storie che «sembrano non dover mai trovare chi le ripeta, o al massimo rimanere consegnate ai sussurri delle biblioteche universitarie». De Santis e la Colaone raccontano un aspetto della storia italiana poco studiato attraverso una narrazione che si basa su una rigorosa ricerca storica sui documenti ufficiali e sulle fonti orali. Ma i due autori non si limitano a raccontarci la vicenda generale del confino degli “invertiti” (termine in voga all’epoca) e nemmeno si limitano a “illustrare” una specifica storia di vita. Si pongono un problema più ampio, quello di rappresentare i rapporti tra passato e presente e tra il testimone e lo storico rispetto ad una vicenda che non si esaurisce con la caduta del fascismo. Infatti, una volta tornati a casa, gli omosessuali che erano stati confinati dovettero affrontare lo scandalo e il disprezzo delle loro comunità e spesso delle loro famiglie, confrontandosi con un’omofobia latente ed estremamente longeva. Per affrontare questo complesso nodo gli autori strutturano la narrazione “mettendo in scena” anche il momento del confronto tra il testimone e gli intervistatori. L’intera vicenda di Antonio detto Ninnella è inserita in una cornice che fa emergere le dinamiche e le tensioni tipiche del contesto di una videointervista. Gli autori mettono in luce le difficoltà che il testimone affronta quando deve riportare alla memoria vicende dolorose, facendo emergere il problema dei luoghi della memoria e del confronto del testimone con essi. Infine, viene messa in evidenza l’importanza dei vissuti personali di tutti gli attori presenti sulla scena. Affiorano così anche gli errori, alle volte ingenui ma spesso legati al proprio passato, compiuti dagli stessi intervistatori.
La videointervista che viene rappresentata, come hanno ammesso gli stessi autori, non ha avuto effettivamente luogo. Probabilmente è il risultato di un collage di molte interviste e di molti documenti. Ma, forse, è proprio qui che si può trovare uno degli elementi qualificanti del linguaggio del fumetto: nella sua capacità di sintesi e di immediatezza. Qualità che si vanno a sommare alla possibilità di affrontare un complesso insieme di problematiche storiche e metodologiche rivolgendosi ad un pubblico ampio e non specialistico. Un pubblico che probabilmente non ha mai sentito parlare del confino degli omosessuali e che mai si è posto il problema del confronto con un testimone. (Alessandro Cattunar)