L’autrice di questo libro ha sottoposto il suo lavoro ad AISO. Ne è seguita una lunga discussione all’interno della redazione web: come recensire un libro di chi si è avvicinato per la prima volta, e senza una formazione storiografica, alla metodologia della storia orale, applicandola peraltro a un campo che riteniamo importante come la storia della scuola? Privilegiare le luci o le ombre, le potenzialità o i limiti, egualmente presenti in questo libro nato da una tesi di dottorato? Chiara Scarselletti ha scelto la strada del dialogo e dell’incoraggiamento.
di Chiara Scarselletti
Mi sono avvicinata alla lettura di Memorie di scuola con la curiosità di chi ha studiato il medesimo tema dalla prospettiva opposta rispetto a quello dell’autrice Lucia Paciaroni, ossia quello della storia orale come pratica didattica nella scuola, e attratta dalla vastità del materiale raccolto per comporre la ricerca. Il lavoro, infatti, è concentrato sulle Marche e ha coinvolto ben 52 persone, delle quali 13 intervistate come ex alunni e 39 in qualità di maestri e maestre; anche l’arco di tempo trattato dalle testimonianze è decisamente considerevole e si snoda tra gli anni Trenta e gli anni Ottanta. L’obiettivo che l’autrice si propone di raggiungere attraverso l’uso delle fonti orali è «ricostruire ciò che realmente accadeva all’interno dell’aula scolastica», prendendo in considerazione lo scarto tra quella che viene definita «scuola legale», studiata ad esempio dalla manualistica e dalla stampa pedagogica, e dalla «scuola reale» indagata attraverso la storia orale, qui indicata come inedita metodologia per la ricerca storico – educativa.
L’obbiettivo dell’autrice è in effetti intrinseco alle fonti orali nella misura in cui esse indagano i fatti, certamente, ma soprattutto i loro significati per chi li racconta, illuminando quindi aspetti che tipologie di fonti diverse non possono chiaramente mettere in luce. La vita in classe viene quindi indagata attraverso le parole e i ricordi che restituiscono non soltanto la trama degli eventi e dei cambiamenti del mondo della scuola ma anche, e questo è evidente in modo particolare nelle interviste degli insegnanti, l’importanza che la scuola stessa ha ricoperto nelle proprie biografie personali, il contributo che i singoli sono consapevoli di aver dato, le modalità in cui essi hanno operato e la dichiarata percezione di aver per così dire fatto la differenza nella vita del proprio istituto e degli studenti.
I paragrafi dedicati alla ricerca toccano tematiche diverse e interessanti: dalle punizioni alla formazione degli insegnanti, dalla condizione delle scuole rurali al tema delle pluriclassi, dalle riforme agli elementi della società e della politica emersi dai ricordi degli intervistati. La sezione che risulta più a mio avviso più efficace e stimolante tra tutte è quella dedicata alle punizioni. Si tratta di un argomento controverso e interessante che Lucia Paciaroni spiega in modo essenziale citando la legislazione vigente a cui le voci dei maestri e degli ex alunni fanno da contrappunto, un contrappunto assai vario che deriva dalla diversa posizione e sensibilità degli intervistati. Nelle altre sezioni la voce dei testimoni emerge preponderante e leggere è come sfogliare l’annuario scolastico delle Marche, in un lungo viaggio nei ricordi degli intervistati. Ricordi che rimangono molto spesso liberi e non sempre ricondotti nelle strette maglie dell’analisi storiografica.
Va sottolineato che la bontà degli intenti di Lucia Paciaroni è più che apprezzabile così come è evidente anche il suo sincero interesse nei riguardi delle fonti orali. Ne sono una prova il dettaglio dei questionari – guida che redige e i lunghi paragrafi dedicati alla storia della storia orale e alla sintesi delle riflessioni metodologiche prodotte dagli studiosi che si possono leggere nei primi due capitoli del volume (Le testimonianze orali: orientamenti storiografici e prospettive euristiche e Le testimonianze orali sulla scuola e l’insegnamento: alcune questioni metodologiche).
Sul piano metodologico, l’autrice si dimostra infatti molto attenta alla fase delle interviste: asseconda e commenta in modo preciso il luogo che i suoi testimoni scelgono per farsi intervistare, rileva puntualmente il contributo di terze persone durante l’appuntamento e gli effetti che queste hanno sugli intervistati, riflette sulla decisione di video o audio intervistare, mettendo in luce in modo chiaro punti di forza e di debolezza delle due modalità. Ciò che ho veramente apprezzato, però, sono i due differenti questionari – guida che l’autrice prepara per intervistare maestri ed ex alunni. Si tratta di strumenti a mio avviso dettagliati e molto preziosi per gli studiosi che vogliano utilizzare le voci di queste categorie per le loro ricerche che devono essere sicuramente messi maggiormente in luce.
Un aspetto su cui sarebbe stato molto interessante porre l’accento è il ruolo sociale del maestro in relazione alla modalità della ricerca. Lucia Paciaroni, infatti, nota che alcuni ex insegnanti hanno partecipato in passato alla raccolta di memorie e autobiografie magistrali e che alcuni si sono presentati all’intervista con appunti scritti, che vengono qualificati come semplici “promemoria” . Tuttavia, mi pare che il timore di dimenticare dei passaggi o delle date siano in questo caso la punta di un iceberg. La dinamica dell’intervista, infatti, vuole che ciascuno, durante il dialogo, si impegni a dare un’immagine di sé quanto più positiva: per esempio, il ricercatore si dimostrerà empatico, mentre il testimone affidabile. Se questo è valido per tutte le interviste, un peso maggiore lo ha rispetto ai maestri e alle maestre qui interpellati. Per il ruolo sociale ricoperto dagli intervistati e per il tempo in cui essi sono stati in servizio, mi sembra che in gioco non ci sia solo l’affidabilità della memoria evenemenziale, ma soprattutto la chiara volontà di mantenere salda una precisa autorappresentazione che solo un appunto scritto piò assicurare. Scrittura, oralità, memoria, si intrecciano strettamente quindi con il ruolo sociale dei maestri e delle maestre, anche in virtù del peso ricoperto dalla scrittura nel loro mestiere.
Memorie di scuola è, in conclusione, un’autobiografia di gruppo dei maestri e delle maestre marchigiani in servizio tra il 1945 e il 1985 di cui ho apprezzato la varietà delle voci e che ho avuto l’impressione di ascoltare in una delle aule rumorose e affollate descritte nei racconti riportati da Lucia Paciaroni. Un contributo, però, che può dire ancora molto: le fonti orali possono certamente fornire un apporto considerevole alla ricerca storico-educativa, come del resto a tutti i campi del sapere storiografico, ma in modo non diverso per importanza rispetto a quanto possono fare altre tipologie di fonti. È compito dello studioso portare alla luce le potenzialità euristiche e applicarle in modo puntuale alla ricerca che conduce.
A Lucia Paciaroni, che con Memorie di scuola ha fatto il proprio primo passo nel mondo delle fonti orali, l’invito a perseguire nella ricerca: affinare gli strumenti di lavoro per acquisire sempre di più quel “sapere artigianale” che infondo è il mestiere dello storico che lavora con le fonti orali. Insomma, per dirla con le parole di Cesare Bermani che lei stessa ha citato, il ghiaccio è rotto, a lei ora il compito di trovare la propria direzione.