E’ disponibile online il nuovo numero 34/2022 de Il de Martino. Storie Voci Suoni
Il nuovo numero de Il de Martino. Storie Voci Suoni, online sul sito di AISO, è un’ottima testimonianza dei tanti modi, oltre che temi, in cui è possibile declinare il rapporto tra storia e oralità.
Valerio Strinati ha alle spalle una lunga carriera di funzionario con il compito, tra gli altri, di predisporre gli atti parlamentari. Qui ci spiega che la trascrizione dei discorsi che si fanno nelle aule e nelle commissioni di Camera e Senato è argomento tutt’altro che tecnico, perché ha doppiamente a che fare con la democrazia: garantisce la pubblicità e quindi il controllo dei lavori parlamentari da parte dei cittadini, e rende verificabile la correttezza delle procedure di produzione delle leggi. Ci piace segnalare che il saggio è maturato in maniera indipendente ma consonante con la riflessione da poco approdata al volume Scrivere quasi la stessa cosa. La trascrizione come atto interpretativo nella pratica della storia orale (curato da Francesca Di Meo, Roberta Garruccio e Francesca Socrate nella collana “Storia Orale” diretta da Gabriella Gribaudi per Editpress).
La storia orale compare in più vesti nel contributo che Alessandro Casellato ha scritto a partire dall’affioramento inaspettato di un “etnotesto” (un dialogo in rima in dialetto vicentino) risalente ai moti del macinato del 1868 e trasmesso oralmente per centocinquant’anni in ambito comunitario e poi familiare: questa “tradizione orale” è messa in relazione con un’intervista con la persona che ne era portatrice e poi con la ricerca dell’“oralità d’archivio” risalente ai fatti narrati, che diedero origine a indagini, a un processo, e quindi a raccolte di voci, interrogatori, verbali.
Altre voci sono quelle che compongono il paesaggio intorno a cui dialogano Luca Bozzoli e Renato Rinaldi: due documentaristi e in certo senso anche artisti della dimensione sonora, qui associata a una strada statale ad alto scorrimento tra Milano e la Brianza. La statale 36 è la protagonista di un audio documentario che Rinaldi ha realizzato con spiccata sensibilità antropologica. Ci serve anche a segnalare l’attenzione crescente che la nostra comunità scientifica sta riservando al revival della dimensione “aurale” che la tecnologia podcast sta offrendo da alcuni anni, facendoci immaginare e sperimentare nuove applicazioni per la storia orale.
Il Festival delle Culture Popolari a Collelongo – di cui viene offerto un resoconto a firma di Claudio Tosi – e la Scuola di storia orale nel paesaggio appenninico del Dolo e del Dragone – da cui sono tratti i tre articoli di Antonio Canovi, Laura Artioli e Paolo De Simonis sul canto del “Maggio” – recano le tracce di due interventi estivi delle nostre associazioni sul territorio, in alcuni dei luoghi dell’Italia periferica che ci piace frequentare conducendo esercizi di storia orale come pratica di ascolto e presa di parola, produzione canora e musicale.
Per la rubrica Interviste, in questo numero ospitiamo il dialogo tra due grandi interpreti della storia orale internazionale – Steven High e Alessandro Portelli – introdotti da una nota di Gilda Zazzara, apprezzata storica del lavoro che ci fa piacere avere con noi anche in questo numero, che aiuta il lettore italiano a contestualizzare il loro discorso all’interno della storiografia internazionale sulla deindustrializzazione. Un’altra intervista, a cura di Silvia Ruggeri, è protagonista della rubrica Il lavoro si racconta, e offre un contributo originale e utile per la comprensione di un recente quanto clamoroso caso di sfruttamento semi schiavile di manodopera immigrata all’interno di Grafica Veneta, una delle aziende manifatturiere tecnologicamente più progredite e – come si usa dire – “leader mondiale” nel suo settore.
I due Saggi ospitati su questo numero trattano in apparenza di esperienze lontane e quasi opposte, ma che in verità si parlano. L’articolo di Amerigo Manesso è una sorta di auto-etnografia condotta con fonti orali sulla propria famiglia: contadini del Veneto che hanno attraversato il Novecento in modo tutt’altro che gregario o inconsapevole, ma anzi operando scelte, facendo progetti, orientandosi con le risorse e le categorie di una cultura popolare spesso ignorata o mal compresa dalla storiografia. Il saggio di Antonio Maria Pusceddu, da parte sua, intreccia le fonti orali con un’autobiografia operaia e un archivio militante, entrambi prodotti da un attivista sindacale del petrolchimico di Brindisi: anche in questo caso siamo di fronte a una «rivendicazione della propria presenza storica» – così ne scrive l’autore – ovvero un’azione controcorrente rispetto al senso comune che si è formato negli ultimi decenni sul significato che hanno avuto nel Novecento la grande industria e il movimento operaio e sindacale nel Mezzogiorno.
Storie è una rubrica che apre a modi di esplorazione e rappresentazione della realtà diversi da quelli disciplinari presidiati dalla storiografia o dall’antropologia. Gabriella Ghermandi ce ne regala una che ha ricevuto dal proprio padre spirituale e che racconta in forma trasognata il mito fondante collettivo dell’Etiopia; Alessandro Triulzi la postilla e ci aiuta a decodificarla. L’eco di questo dialogo italo-etiope sconfina dentro lo spazio delle Note e recensioni, che si apre con un commento di Serena Facci a un progetto musicale di “ethio-traditional-jazz” messo in piedi da Ghermandi e Atse Tewodoros. Tra i diversi libri segnalati all’interno della rubrica, richiamiamo quello sudamericano dedicato all’imprevisto nella pratica della storia orale: anche qui a dare il la alla riflessione è una canzone: “Um indio” di Cateano Veloso.
Congediamo questo numero della rivista Il de Martino. Storie Voci Suoni proprio nei giorni in cui in Brasile la democrazia è sotto attacco di forze reazionarie: la nostra voce si unisce a quella delle tante donne e uomini che la stanno difendendo.