Pubblichiamo il report della tavola rotonda “Storie orali Torinesi. Testimonianze, esperienze di ricerca e archivi di interviste” organizzata a Torino l’11 novembre 2023, scritto da Rosa Marzano. Alleghiamo anche la relazione della presidenza AISO riguardo le attività associative svolte durante l’anno 2023 e il video integrale della tavola rotonda gentilmente realizzato dal documentarista Mario Spiganti.
di Rosa Marzano
Se volessimo disegnare una mappa delle esperienze di ricerca di storia orale in Italia che forma avrebbe? Come possiamo costruirla in modo collettivo e renderla più ampia possibile? Quali strumenti possiamo usare per orientarci? In questa esplorazione la nostra bussola potrebbe avere come punto di riferimento gli archivi di interviste. Con questa immagine si è aperto il seminario Storie orali torinesi. Testimonianze, esperienze di ricerca e archivi di interviste, organizzato in occasione dell’assemblea annuale di Aiso, che si tenuta a Torino il 10 novembre 2023 negli spazi del Polo del Novecento, a Palazzo San Celso. È stata un’occasione di incontro per conoscere alcuni dei soggetti, tra loro molto diversi per provenienza e interessi, che nel torinese hanno prodotto e producono fonti orali e che si occupano attivamente della loro conservazione e valorizzazione. Il seminario è stato anche un esperimento per osservare da vicino un laboratorio di ricerca, l’esperienza della rivista Fonti Orali. Studi e ricerche. Bollettino nazionale d’informazione, (i cui numeri sono tutti interamente digitalizzati e accessibili sul sito di Aiso) e si è chiuso con un invito rivolto a tutti e tutte coloro che avranno piacere di contribuire a un progetto di mappatura collettiva di queste esperienze sul territorio nazionale.
Il primo intervento di Matteo D’Ambrosio (Fondazione Istituto piemontese “Antonio Gramsci” onlus) ci ha portato a riflettere direttamente sulla fonte, sul bilancio dell’esperienza di Fonti Orali, pubblicata dall’allora Istituto piemontese di scienze economiche e sociali “A. Gramsci” dal 1981 al 1987. Nell’editoriale dell’ultimo numero la redazione metteva in luce un aspetto in particolare che, ha sottolineato D’Ambrosio, «dà ragione del fatto che siamo qui oggi a parlare di archivi di interviste»: tanto gli oralisti, quanto gli archivisti erano arrivati al punto di riconoscere «[gli uni] l’importanza del fatto che il proprio lavoro diventasse materiale a disposizione dopo di loro, e che gli altri considerassero questi materiali come attendibili, come una fonte di rilievo».
A seguire è intervenuta Barbara Berruti, direttrice dell’Istituto piemontese per la storia della resistenza e della società contemporanea “G. Agosti” (Istoreto) che ha presentato i principali fondi sonori dell’archivio, le più recenti attività di campagne di interviste e videointerviste realizzate anche nell’ambito della costruzione del Museo Diffuso della Resistenza e della Deportazione. Ha infine citato i risultati di un lavoro di censimento avviato nel 2016 in collaborazione con la Sovrintendenza Archivistica del Piemonte e della Valle D’Aosta, indagine grazie alla quale sono stati rilevati nel territorio più di centocinquanta archivi di interviste. Di fonti filmiche ha parlato Paola Olivetti (Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, ANCR) sottolineando l’importanza del lavoro di trasmissione delle tecniche e dei linguaggi delle interviste, portando ad esempio il progetto “Raccoglitori di Memorie. Pratiche di videostoria a scuola”: un lavoro che si è articolato nel corso dell’anno scolastico 2022-2023 e che ha messo alla prova più di mille fra studenti e studentesse nella realizzazione di brevi film su aspetti specifici della storia contemporanea, a partire da testimonianze orali. Con Paola Asproni (Fondazione Vera Nocentini) siamo tornati alle interviste, con una panoramica sui materiali conservati presso l’archivio della fondazione. Queste interviste sono state raccolte con l’idea di «costruire una storia partecipata» e il nucleo principale è stato prodotto tra gli anni Ottanta e il 1999 da Franco Gheddo, sindacalista e primo presidente della fondazione. A questo fondo più tardi si è aggiunta una serie di interviste fatte da Luisa Passerini a donne detenute a Torino per terrorismo. Ascoltando gli interventi, ci si accorge di come si intreccino e ritornino alcuni nomi all’interno di progetti realizzati in collaborazione fra varie realtà: ne è un esempio il Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e delle Libertà, fondato dall’Istoreto e dall’Ancr. Ne ha parlato Andrea Rapetta mettendo in luce la natura multimediale e multisensoriale del museo, il cui allestimento permanente si trova negli spazi di Palazzo San Celso: è stato pensato per essere percorso attraverso fonti diverse, testimonianze orali, provenienti sia dagli archivi sopracitati che da enti esterni, fotografie, documenti scritti e filmati. Gli ultimi due interventi della prima parte hanno anticipato la natura più dialogica e autobiografica della seconda parte: Maurizio Biasin e Roberto Orlandini hanno presentato il Centro di Documentazione Storica della Circoscrizione 5 di Torino nato del 2000, realtà nella quale sono attivi come volontari. Il centro, che non ha ancora un luogo dove depositare il proprio archivio, nasce all’inizio degli anni Ottanta nel quartiere delle Vallette per iniziativa di un gruppo di base di giovani che organizzano attività teatrali e musicali. Progressivamente hanno cominciato a coltivare un interesse per la ricerca storica, a partire dal proprio impegno politico e dalla necessità di studiare la storia di un quartiere di cui ancora nessuno si era interessato: uno dei risultati più interessanti di questo lavoro sono le attività di geoesplorazione del quartiere delle Vallette a cura dei volontari del Centro, passeggiata che ha fatto anche un gruppo di soci e socie accompagnato da Giorgio Sacchi il giorno seguente al seminario. A chiusura della prima parte di presentazioni è intervenuto Franco Castelli per il Centro ricerca etnomusica e oralità, di cui ha presentato la composizione dell’archivio, ospitato negli spazi dell’Ancr, e costituito principalmente dai fondi dei fondatori del gruppo di Cantacronache.
La seconda parte del seminario, che è stata a tutti gli effetti un esperimento interessante di «microfono rovesciato» ha coinvolto alcune figure che hanno animato le redazioni del bollettino di Fonti Orali: Liliana Guazzo Lanzardo, Graziella Bonansea, Daniele Jalla, Luisa Passerini, Marcella Filippa ed Emilio Jona. A dialogare con loro c’erano Chiara Paris e Davide Tabor, che nell’introduzione alla tavola rotonda ha sottolineato come questo incontro si inserisca in un percorso più ampio: un lavoro che ha l’obiettivo di indagare come, in area torinese tra gli anni Settanta e Ottanta, si siano incrociate esperienze individuali e collettive di studiose e studiosi che hanno esplorato le fonti orali e hanno sperimentato pratiche diverse di storia orale.
Essere intervistati sul proprio mestiere significa riflettere anche sul proprio percorso di vita. Alla domanda «come hai incontrato la storia orale» si è aperto un ventaglio di risposte difficile da riassumere in poche righe, ma che su alcuni aspetti si facevano eco tra loro: l’incontro con le fonti orali come una scoperta inaspettata ed entusiasmante, lo studio accurato per approfondire le metodologie della ricerca, gli incontri con maestri e maestre, figure che si sono rivelate significative sia sul piano accademico e professionale che su quello personale, e con le quali nel corso del tempo si sono consolidati anche dei rapporti di amicizia.
Jona racconta come nel gruppo di Cantacronache fosse stato chiaro fin dall’inizio che, nel lavoro di registrazione del canto popolare, «il punto interessante fosse dato dalle storie di vita che stanno dietro alle canzoni e dietro alle persone» e che facevano un lavoro «che era già storia di vita». Lanzardo ricorda di aver incontrato le fonti orali come lavoro politico, intervistando gli operai della Fiat, collaborando con il sindacato e il Partito socialista, e solo in un secondo momento ha pensato di approfondire la storia orale nell’ambito di una ricerca, all’università, chiedendo a Guido Quazza di occuparsene come argomento di tesi. L’incontro è avvenuto «per caso», sempre all’università, per Jalla e Filippa che hanno chiesto a Luisa Passerini, docente di metodologie della ricerca storica, di seguirli nel percorso di tesi: è una fase di apprendimento intensa ma anche faticosa, in cui imparano il mestiere.
Bonansea sottolinea invece come per lei «il lavoro di ricerca sulla storia sia coinciso con la storia orale» e come sia stato fondamentale incontrare e seguire «due maestre», Anna Bravo da un lato e Passerini dall’altro. Quest’ultima ha ricordato più volte come la tavola rotonda avrebbe dovuto includere molte altre persone, alcune delle quali presenti in sala per il seminario: c’è stato spazio per riflettere anche sugli incontri e sugli attriti che nascevano con le tante altre realtà, accademiche e non, che in Italia negli stessi anni lavoravano con la storia orale, dissidi che in parte si ricomponevano all’estero, in occasione di convegni internazionali, e in parte rimanevano aperti. Il bollettino Fonti orali, diretto nella prima fase da Passerini e nella seconda da Jalla, è nato anche in un clima di internazionalità in cui i rapporti con studiose e studiosi di altri paesi, come Paul Thompson, Daniel Berteaux, Annmarie Thiesse, erano molto stretti e alimentavano importanti ricerche di gruppo. La rivista, concordano Passerini e Jalla, era nata soprattutto perché c’era bisogno di creare uno spazio in cui scrivere di storia orale e di fonti orali, in cui riflettere su questioni metodologiche che, anche grazie al lavoro delle due redazioni, sono state formalizzate, uno spazio che allora in Italia mancava. Parlare della fine di quell’esperienza è stata un’occasione anche per chiedersi quale sia la sua eredità e cosa voglia dire lavorare con la storia orale oggi: rispondere a queste domande richiede tempo e uno sforzo di elaborazione collettivo e trasversale importante. La tavola rotonda si è chiusa infatti con una riflessione che ha riportato tutti e tutte a contatto con il fatto che la storia orale oggi è ancora largamente osteggiata e che è essenziale lavorare sul terreno della metodologia. Così, finiti seminario e assemblea, un pezzo di Aiso si è ritrovato a cena a parlare anche di questo, in un contesto in cui persone fra loro diverse per carattere, età, posizione e formazione hanno avuto modo di incontrarsi, condividendo le proprie esperienze di ricerca, sia di gruppo che individuali, dentro e fuori al mondo accademico, i momenti di entusiasmo e di scoraggiamento. Si è parlato anche di incertezze e di prospettive sul futuro, di come ci si tiene in equilibrio tra ruoli e lavori diversi, e di passione, un elemento delicato nella vita di chi svolge attività di ricerca perché è la linfa che la nutre ma può essere anche il prezzo da pagare in contratti di lavoro precari o non tutelati.
Io ho incontrato la storia orale due anni fa all’università, proprio attraverso un archivio di interviste, quello di Anna Maria Bruzzone, un’insegnante che fra gli anni Sessanta e gli anni Novanta ha lavorato nell’ambito della ricerca storica e sociale con le fonti orali, con base a Torino. Mi sono appassionata al suo lavoro, ho assunto nei suoi confronti la posizione di un’allieva che cerca di imparare il mestiere da una maestra e nel luglio del 2023 mi sono laureata discutendo una tesi di storia orale su di lei. Nelle sue esperienze di ricerca mi hanno colpito soprattutto il desiderio e la capacità di lavorare in gruppo, insieme a studiose e studiosi, accademici e non, di età e formazioni diverse, a insegnanti che come lei facevano ricerca in modo indipendente: un modo di lavorare che considerava una forma di arricchimento personale e collettivo e che proponeva come modello anche nelle classi alle sue allieve. Ripensando al clima che si è creato a Torino, mi sembra che momenti simili siano preziosi proprio per questa ragione, per confrontarsi e discutere, per trovare corrispondenze e punti di vista diversi, anche per dire e sentirsi dire «ti capisco», soprattutto quando si è all’inizio di un percorso di ricerca. Per conoscersi e riconoscersi, e magari lavorare insieme.
Riferimenti:
“Fonti orali. Studi e ricerche. Bollettino nazionale d’informazione”, Istituto piemontese di scienze economiche e sociali A. Gramsci, a. VII – n. 5 (nuova serie) – dicembre 1987, p.1.
“Il microfono rovesciato: Dieci variazioni sulla storia orale”, a cura di Alessandro Casellato, Treviso, ISTRESCO Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea della Marca trevigiana, 2007.