Voci di crisi. Ieri e oggi, vicino e lontano.
Il seminario Ascoltare il lavoro è un appuntamento annuale nato nel 2010 per discutere ricerche in corso sul tema del lavoro, nell’ambito della storiografia e delle scienze sociali. È promosso da Aiso, Università Ca’ Foscari (Dip. studi umanistici), Ires Veneto (e quest’anno anche Ires Emilia-Romagna e Toscana). Per la terza edizione, l’invito a partecipare è stato rivolto in primo luogo a giovani studiosi. Abbiamo chiesto che al centro di ciascuna proposta ci fosse il tema dell’ascolto: ascoltare il lavoro, non solo osservarlo e descriverlo. L’ascolto comporta una vicinanza e una partecipazione che la vista non richiede necessariamente: si può guardare da lontano e dall’alto, si ascolta solo orizzontalmente. L’ascolto, inoltre, riconosce ai soggetti la capacità di esprimere narrazioni, opinioni, nonché interpretazioni di sé e del mondo in cui operano. Fare i conti con queste voci e con le soggettività che esse esprimono è un compito che accomuna – pur da punti di vista e con obiettivi diversi – storici e scienziati sociali, così come sindacalisti ed esperti di relazioni industriali.
Tra le oltre 40 proposte pervenute, sono state selezionate quelle che consentono di riflettere su una delle parole-chiave del nostro tempo – “crisi” – attraverso contributi che utilizzano la metodologia dell’ascolto per far emergere la sterminata fenomenologia – passata e presente – del lavoro insicuro, mobile e marginale. Le Voci di crisi che abbiamo raccolto non sono il residuo dello sgretolamento del paradigma fordista, come ancora si sente dire, ma, se collocate in prospettiva storica, possono essere riconosciute come un filo rosso della condizione del lavoro nel mondo moderno, all’interno del quale sono sorte e continuano a mutare culture, esperienze, risposte per lungo tempo sottovalutate dagli studi di storia del lavoro e dai movimenti sindacali.
La prima mezza giornata è stata dedicata al Qui, oggi, dando la parola a chi sente da vicino il battito della crisi: sociologi e storici del tempo presente, sindacalisti, pubblici funzionari, ma anche lavoratori disoccupati e imprenditori.
Roberta Garruccio (Centro per la cultura d’impresa, Milano) ha aperto il seminario anticipando alcuni temi della ricerca che sta per pubblicare sulle interviste condotte tra i lavoratori della fabbrica Pirelli, uno stabilimento per la produzione di pneumatici che si trova a Settimo Torinese, oggetto di una profonda ristrutturazione che ha modificato la stessa cultura operaia. Ha anche riflettuto sui problemi della committenza e della restituzione nel lavoro con le fonti orali (sullo spettacolo teatrale che ne ha tratto la regista Serena Sinigaglia si veda la scheda nel “Foglio volante” Aiso di marzo 2012).
Giulia Tarantola (Agenzia Regionale Istruzione Formazione e Lavoro della Regione Lombardia) ha spiegato come avviene il lavoro di raccolta di quello che ha definito il “poliloquio”, cioè le molteplici versioni dei diversi soggetti in gioco nei casi di aziende in difficoltà. A mettere insieme tutto il materiale di questo lavoro istituzionale ci sarebbe la documentazione per una storia delle crisi aziendali e del lavoro dal 2009 a oggi.
Stefano Bartolini (Ist. Storia Resistenza Pistoia) ha raccontato la sua inchiesta condotta nel call center Answers di Pistoia, dove nel 2009 i 570 dipendenti, in maggioranza donne (494), hanno occupato l’azienda lungo 102 giorni per salvare il proprio impiego e ottenere il pagamento degli arretrati. Dal lavoro è stato tratto un libro, ricco di interviste e fotografie, con prefazione di Gugliemo Epifani che ne ha dettato il titolo: La lotta perfetta.
Sono seguiti dei brevi interventi. Simone Menegaldo (Istresco) ha presentato una inchiesta (e autoinchiesta) condotta via facebook sui giovani laureati in attesa di occupazione; Giacomo Vendrame (Cgil Treviso) ha spiegato come funziona un servizio di ascolto e orientamento per disoccupati messo in piedi dal sindacato; Sara Roncaglia e Sara Zanisi (AVoce, Milano) hanno parlato della loro ricerca su imprenditori agricoli e nuovi contadini nel Parco Sud di Milano, facendo vedere come la “reinvenzione della tradizione” possa essere – in certi ambiti – una via d’uscita dalla crisi; Alessandra Stivali (Cgil Padova) ha mostrato l’altra faccia del lavoro agricolo, presentando la sua esperienza di sindacalista a contatto con Immigrazione e nuove servitù nella campagne della Bassa Padovana.
Il pomeriggio è stato concluso dagli interventi di Cesare Minghini (Ires Emilia-Romagna) e Fabio Giovagnoli (Ires Toscana).
La mattina di giovedì 24 maggio ha avuto come tema il Qui, ieri, dando spazio a quattro relazioni di impianto storico, in gran parte fondate sulle fonti orali, che miravano a fare vedere come la situazione attuale enfatizza aspetti di marginalità, mobilità, precarietà che ci sono sempre stati ma che per una fase sono stati poco riconosciuti e studiati, o considerati residuali (ovvero fuori del modello della fabbrica fordista e delle forme di organizzazione del lavoro che essa consentiva).
Eloisa Betti (Univ. di Bologna) ha cominciato a delineare una genealogia storica della precarietà, a partire dallo studio delle lavoratrici dell’industria bolognese tra anni ’50 e ’60 condotto prevalentemente su fonti dell’epoca (inchieste, reportage): ha ricordato che solo dal ’68-’73 si è cominciato a fissare l’idea di “lavoro stabile”, mentre prima di allora il modello prevalente era quello di lavoro a termine, a domicilio, instabile. Ai tempi del boom economico erano gli imprenditori a lamentare lo scarso attaccamento di operaie e operai al posto di lavoro, mentre per i lavoratori poter cambiare era un’occasione per trovare condizioni migliori. Oggi non è così, le parti si sono rovesciate.
Maria Porzio (Univ. Federico II di Napoli) ha dato un saggio esemplare su come esplorare un “mondo” di lavoro (quello della pesca a Torre del Greco) con le fonti orali, seguendo l’evoluzione della comunità e del mestiere nel corso di alcuni decenni, lungo il passaggio da pescatori a marittimi, attraverso le innovazioni tecniche e i nuovi equilibri dei mercati che hanno profondamente rivoluzionato la cultura e le relazioni sociali della comunità.
Stefania Ficacci (Aiso e Univ. La Sapienza di Roma) ha risposto alla domanda se sia esistita una classe operaia a Roma, a partire dalla storia urbana, mostrando la ricca trama di insediamenti industriali e quindi di presenza operaia nella città. Ha poi utilizzato la vasta messe di interviste conservate nell’archivio del Circolo Gianni Bosio per indagare quale percezione i lavoratori della capitale avessero di sé. Ha parlato quindi di “quartieri popolari” abitati da operai che si sentivano lavoratori ma non avevano una identità operaia, ricordando come storicamente a Roma siano state le borgate – e non le fabbriche – i luoghi in cui si esprimeva la confilittualità sociale.
Stefano Gallo (Ist. Storia Resistenza Livorno) ha parlato della ricerca che ha in corso sugli edili a Livorno a partire dall’istituzione nel 1962 della Cassa Edile, ente bilaterale che costituisce un interessante strumento di mutualismo e autotutela. Ha illustrato le trasformazioni che ha subito il mestiere di muratore a seguito della macchinizzazione dei cantieri, attraverso sue storie di vita: quella di una “brava mestola”, maestro muratore classe 1936, e quella di un battipalo senegalese, classe 1966: dall’orgoglio di avere un mestiere che si apprende con una gavetta decennale, al lavoro meccanico appreso rapidamente e sentito prevalentemente come faticoso e negativo. Per entrambi, però, ieri e oggi, l’edilizia è stata un’esperienza di passaggio all’interno di un progetto di vita che li ha portati in altri settori lavorativi.
Al termine della mattina, Gabriella Gribaudi (Aiso e Univ. Federico II di Napoli) e Stefano Musso (Univ. di Torino) hanno discusso le relazioni, rimarcando l’interesse a indagare le storie di lavoro al di fuori dei paradigmi legati alla grande fabbrica o all’esperienza fordista, e osservando una nuova vitalità degli studi sulla storia del lavoro, testimoniata anche dall’avvio del processo di costruzione di una Società italiana di storia del lavoro. C’è stato spazio per un ricco dibattito.
La discussione è ripresa nel pomeriggio con confronto scintillante tra Maria Grazia Meriggi (Univ. di Bergamo) e Bruno Manghi (sociologo, a lungo sindacalista Cisl), i quali hanno consegnato agli astanti molti spunti di ulteriore riflessione e ricerca.
Quindi è intervenuto il poeta Luciano Cecchinel, con una testimonianza di storia personale e familiare (le migrazioni transoceaniche nel primo ‘900, gli effetti della crisi del ’29, il problema del passaggio dall’agricoltura all’industria negli anni ’60 e ’70), intervallata dalla lettura di alcune sue poesie tratte dal libro Lungo la traccia, pubblicato da Einaudi nel 2005.
Il seminario si è chiuso con la visione del documentario Dreamwork China, realizzato da due giovani sinologi di Ca’ Foscari, Tommaso Facchin e Ivan Franceschini, che hanno intervistato operaie e operai per capire quale fosse il senso che essi danno alla più grande rivoluzione industriale di tutti i tempi, che si sta svolgendo da trent’anni in Cina. La crisi, vista da laggiù (Lontano era il titolo dell’ultima sessione), è una enorme opportunità di crescita individuale e collettiva, ma contiene anche ombre che stanno diventando sempre più visibili agli occhi degli stessi lavoratori, che faticano a trovare delle forme adeguate di tutela e rappresentanza.