Genere, corpi, deistituzionalizzazione
Scuola di storia orale nel paesaggio e negli archivi della liberazione dal manicomio
Terza edizione
Torino | Collegno 14-16 giugno 2024
Iniziativa promossa da: Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino e AISO
Con la collaborazione di:
Società italiana delle storiche, CIRSDe Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne e di Genere – Università di Torino, Archivio delle Donne in Piemonte, Associazione per la lotta contro le malattie mentali, Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci, CISO – Centro italiano di Storia Sanitaria e Ospedaliera Piemonte. cooperativa sociale La Nuova Cooperativa, cooperativa sociale il Margine, cooperativa sociale Progetto Muret, cooperativa sociale il Sogno di una cosa, cooperativa sociale Chronos, Solidea – Società di Mutuo Soccorso del Sociale, cooperativa Stalker Teatro, Associazione Arcobaleno, Legacoop Piemonte.
Fotografia: Archivio Almm, dono A. Crosignani
Franca Ongaro: Infatti è proprio questa compromissione col potere, che l’uomo rappresenta nei confronti della donna, a rendere estremamente difficile la comprensione della ragione dell’altro, più di quanto non lo sia nel caso dell’oppresso sociale.
Taverna: Questo fa sì che la donna in manicomio sia doppiamente emarginata.
Franca Ongaro: Certo, la donna in manicomio subisce sia l’oppressione di classe come gli uomini, sia quella implicita nel fatto di essere donna.
(La nave che affonda)
A Torino, fino al 1970 la percentuale di donne ricoverate in manicomio era maggioritaria e ben tre delle quattro sedi degli ospedali psichiatrici della provincia erano dedicate esclusivamente all’internamento femminile: la storica sede di via Giulio a Torino, quella di Grugliasco e quella di Savonera (Collegno). Se alle sedi manicomiali aggiungiamo l’operato delle numerose case di cura private e dell’Istituto di correzione femminile Buon Pastore, che aveva al suo interno un reparto per le alienate, è possibile identificare una vera e propria rete istituzionale della segregazione di genere, proprio negli anni del secondo dopoguerra in cui Torino conobbe una fase di radicale trasformazione economica, sociale e politica.
Dopo una prima stagione di lotte iniziate alla fine degli anni Sessanta, nel 1973 fu definitivamente chiuso il primo manicomio torinese, proprio quello di via Giulio, divenuto da metà Ottocento, dopo l’apertura della sede di Collegno, luogo di internamento totalmente femminile. La sede di Torino, posta nel cuore della città, era arrivata a contare circa 800 donne e il suo smantellamento fu solo uno dei primi effetti della lunga storia della deistituzionalizzazione nella capitale industriale.
L’azione del largo movimento anti istituzionale ebbe nella lotta contro il carattere discriminante e di genere uno dei suoi tratti distintivi, anche se poco noti, che faceva perno sui temi delle soggettività oppresse e liberate, sull’autocoscienza, sulla decostruzione delle categorie del potere e su processi di deistituzionalizzazione insieme individuali e collettivi: a sancire la contiguità tra lotta al manicomio e lotte delle donne furono allo stesso tempo l’occupazione nel 1979 dell’ex ospedale psichiatrico di via Giulio da parte dei gruppi femministi torinesi, che vi stabilirono la sede della prima Casa delle donne, e l’impegno politico, professionale e sociale di tantissime donne proprio nel processo di superamento delle vecchie istituzioni psichiatriche, anzitutto nelle associazioni e nel mondo della cooperazione, oltre che naturalmente negli ospedali psichiatrici, nei servizi e nella politica.
Come scriveva Franca Ongaro, «Ascoltare le voci delle donne internate nei nostri manicomi, ci dà la misura dello spazio in cui sono state ristrette queste vite e della contraddittorietà dei messaggi culturali di cui sono state bersaglio: la maternità, apparentemente proposta come valore, di fatto mai socialmente sorretta e aiutata, non può che essere subita come minaccia ed evitata come colpa; la libertà di disporre di sé, di decidere di sé, di muoversi come una persona nel mondo, enfatizzata come un diritto dell’individuo, in realtà rinfacciata come un segno di degradazione morale, e conquistata quindi a prezzo della propria degradazione morale; l’essere culturalmente considerata solo in quanto oggetto sessuale e venire contemporaneamente punita per esserlo; e poi – come sfondo – il figlio non voluto e abbandonato, gli aborti nascosti, l’amore tradito, la solitudine di chi si sente “lasciato” e sa di non esistere autonomamente: questo è il mondo che trapela dalle voci delle internate» (Una voce).
La scuola rientra tra le azioni del PRIN 2022 Narrazione e cura. La deistituzionalizzazione del sistema manicomiale in Italia: storia, immaginario, progettualità (dal 1961 a oggi) promosso dal Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni Culturali dell’Università di Cagliari, dal Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino e dal Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa.
https://sites.unica.it/narrazioneecura/
Coordinamento scientifico e organizzativo
Daniela Adorni, Barbara Bosi, Antonio Canovi, Cristina Cappelli, Eva Coccolo, Caterina Corbascio, Matteo D’Ambrosio, Norma De Piccoli, Marina Guglielmi, Franco Lupano, Chiara Marinelli, Alessandra Mossa, Simonetta Matzuzi, Filippo M. Paladini, Elena Petricola, Silvia Pinna, Adriana Rinaldi, Vinzia Fiorino, Davide Tabor, Umberto Zocca
Presentazione
Il percorso italiano per la deistituzionalizzazione degli ospedali psichiatrici ha rappresentato un unicum che, anche grazie all’approvazione, nel maggio 1978, della legge n. 180 – ribattezzata “legge Basaglia” e assorbita nello stesso anno dalla legge n. 833 istitutiva del Servizio sanitario nazionale –, ha reso l’Italia il cuore di un confronto internazionale sulla gestione e sulla cura del disagio mentale e sul reinserimento sociale e territoriale dei soggetti vulnerabili e psichicamente fragili, con influenze rilevanti sul funzionamento e sulla fisionomia delle varie “istituzioni totali”, dai manicomi alle carceri, dagli istituti per minori a quelli per le donne, dai centri per disabili a quelli per gli anziani.
La scuola si concentrerà sul rapporto tra genere, internamento manicomiale e processo di deistituzionalizzazione, analizzando le testimonianze orali delle ex degenti e degli ex degenti degli ospedali psichiatrici torinesi e delle protagoniste e dei protagonisti del processo di superamento dei manicomi iniziato alla fine degli anni Sessanta. Intorno al genere, infatti, si costruivano riflessioni e pratiche: «L’altra questione – scriveva Assunta Signorelli – era ed é capire se é possibile attraversare l’istituzione e costruire risposte su una sofferenza, cioè differenziare il tipo di sofferenza. Non si capisce perché, essendo diversi uomini e donne, ad un diverso tipo di sofferenza bisogna rispondere in modo uguale. E non invece tentando una risposta specifica. Nel riconoscimento di essere donna fai un salto oltre la malattia, ti aggreghi e costruisci non sulla sofferenza, ma su una identità in positivo. Questo è un elemento che attraversa di più le operatrici e rende possibile una reciprocità tra loro e le utenti. La questione è “essere donna” con alcuni tipi di sofferenza, non è “essere matta”. La normalità della donna è già sofferenza psichica» (Finalmente sole).
Attraverso la prospettiva di genere, la scuola approfondirà il rapporto tra soggettività recluse e ritrovate, corpi e spazi chiusi e aperti e la produzione delle varie memorie del manicomio e della liberazione. In particolare, essa si soffermerà sull’internamento delle donne e sul processo di deistituzionalizzazione a Torino tra anni Sessanta e fine anni Novanta del Novecento, quando gli ultimi pazienti lasciarono le strutture definitivamente chiuse. L’obiettivo è utilizzare le interviste autobiografiche per raccontare le specificità dei ricoveri femminili in ospedale psichiatrico, le ragioni che spingevano famiglie, autorità pubbliche e sanitarie a rinchiudere figlie, madri e sorelle nei reparti psichiatrici, le condizioni di vita nei padiglioni, e per narrare al tempo stesso i percorsi di liberazione dal manicomio e di recupero delle soggettività iniziati con l’avvio delle prime comunità terapeutiche e proseguiti per circa un trentennio, intrecciando l’azione del largo movimento basagliano e anti istituzionale – che negli anni Settanta influenzò tutti gli interventi di ripensamento del ruolo, delle funzioni e dell’organizzazione delle istituzioni assistenziali e sanitarie, ben oltre l’ambito psichiatrico – alle rivendicazioni delle donne e dei femminismi.
Ciò che riassumiamo con il termine deistituzionalizzazione non è stata solo la chiusura dei manicomi, ma è stata soprattutto una proposta politica e sociale, misurata sul terreno delle pratiche, volta a ridefinire i rapporti di potere tra autorità e soggetti più deboli in favore di questi ultimi, o meglio, in senso più lato, a riformulare la relazione tra gli individui e la società. Non a caso Franco Basaglia parlava di «rovesciamento istituzionale», in quanto «La polemica al sistema istituzionale esce dalla sfera psichiatrica, per trasferirsi alle strutture sociali che lo sostengono, costringendoci a una critica della neutralità scientifica, che agisce a sostegno dei valori dominanti, per diventare critica e azione politica» (L’istituzione negata).
Deistituzionalizzazione diventava dunque una parola chiave, come ricordava Franco Rotelli, noto collaboratore di Basaglia e poi direttore dei servizi psichiatrici triestini: «Siamo sempre più convinti che il lavoro terapeutico sia questo lavoro di deistituzionalizzazione volto a ricostruire le persone come attori sociali, a impedirne il soffocamento sotto il ruolo, il comportamento, l’identità stereotipata e introiettata che è la maschera sovra determinata di malati. Che curare significhi occuparsi, qui e ora, di far sì che si trasformino i modi di vivere, sentendo la sofferenza del paziente, e che insieme si trasformi la sua vita concreta quotidiana» (Quale psichiatria?).
Per molte e per molti la relazione tra genere e deistituzionalizzazione è stata fondamentale: «Se essere donna e se il vedere le cose da parte delle donne, è un modo di vedere non univoco, non sicuro, ambiguo e molto più “falso”, lo stare male delle donne va letto in questo modo ed il tuo essere operatrice significa operare sempre in questo “doppio”. E se è vero quello che Basaglia chiamava il “doppio” della malattia, lo star male di chi soffre e l’oggettivazione diagnostica che l’istituzione psichiatrica ne fa, allora nella donna diventa il “quadruplo”. […] Una volta una ha detto: “Quando sto male non mi piace stare al Centro-Donna, quando sto bene mi rendo conto che è meglio che quando sto male sto qui”. Questo luogo permette un processo di consapevolezza che si acquista nel leggere alcuni propri comportamenti di sofferenza; permette cioè l’unico processo reale di superamento della malattia, visto che parlare di guarigione non ha senso: la consapevolezza del proprio star male, e l’individuazione di strumenti che permettono di evitarlo» (Assunta Signorelli, Finalmente sole).
Attività formativa
L’attività formativa alternerà: un seminario introduttivo di approfondimento della storia manicomiale e dei processi di deistituzionalizzazione; formazione in aula e discussione collettiva; geoesplorazioni dei luoghi della liberazione dal manicomio; incontri con i testimoni e interviste registrate in piccoli gruppi; laboratori negli archivi della psichiatria torinese, soprattutto nei piccoli archivi cooperativi e associativi, alla ricerca della storia dei vari soggetti produttori, ma soprattutto delle storie di vita conservate e delle forme di oralità presenti (raccolte di testimonianze e di videointerviste, verbali di incontri, documentari, autobiografie, registrazioni di assemblee, ecc.).
Gli obiettivi della scuola sono: contribuire alla formazione dell’archivio di memorie orali, sensibilizzare al tema studiosi, amministratori e operatori sociali, affinare gli strumenti di analisi su questa specifica tipologia di intervista, costruire un gruppo di lavoro locale e sovra locale, avviare una riflessione collettiva sull’uso di queste interviste per la ricerca scientifica e per progetti di public history.
Iscrizioni
La Scuola è aperta a chiunque sia interessato, ma è particolarmente indirizzata a studentesse e studenti universitari, dottorande e dottorandi, ricercatrici e ricercatori, docenti della scuola, professioniste e professionisti del patrimonio culturale, operatrici e operatori sociali e sanitari, personale medico e di cura della persona, operatrici e operatori culturali, bibliotecarie e bibliotecari, dipendenti della pubblica amministrazione, socie e soci di cooperative e di associazioni, archiviste e archivisti, appassionate e appassionati di storia del territorio.
È previsto un tetto massimo di 30 iscrizioni.
Le iscrizioni verranno accolte in ordine di candidatura fino a esaurimento dei posti disponibili.
Per iscrizioni: scrivere ai due indirizzi aisoitalia@gmail.com e davide.tabor@unito.it con oggetto “Scuola AISO Collegno” e massimo 10 righe di presentazione
Chiusura iscrizioni: 7 giugno 2024.
Chi si iscrive si impegna a una partecipazione attiva e alla “restituzione” dei documenti prodotti.
Costo
La quota di iscrizione è di 20 euro, da versarsi in anticipo mediante bonifico bancario ad AISO secondo le istruzioni che verranno comunicate a chi si iscrive.
La quota di iscrizione comprende esclusivamente l’attività didattica e i pranzi del 14 e del 16 giugno; non comprende invece le cene, le spese di alloggio e di viaggio.
Per partecipare alla Scuola è necessario essere iscritti ad AISO (Associazione Italiana di Storia Orale) ed essere in regola con la quota sociale 2023 (25€ per junior/precari; 50€ per senior/strutturati).
Materiale didattico
Deistituzionalizzazione. Applicazione, effetti ed eredità della riforma psichiatrica italiana (1961-2022)
Seminario
Il seminario ha approfondito con un approccio interdisciplinare le modalità di applicazione e gli effetti della riforma psichiatrica italiana sul breve, sul medio e sul lungo periodo, per analizzare il rapporto tra il processo di deistituzionalizzazione e il mutamento generale dei modelli e delle pratiche di cura e di presa in carico delle persone in difficoltà, sofferenti o malate nei servizi sociali e assistenziali, internate o recluse, ben oltre il confine della malattia mentale.
Sarà disponibile la registrazione delle relazioni.
Scarica QUI la locandina della scuola
Programma
Venerdì 14 giugno 2024
9,00
Spazio incontri, Palazzo San Daniele – Polo del ’900, Piazzetta Antonicelli, Torino
Storie orali e soggettività
Apertura della scuola
Daniela Adorni e Davide Tabor
Lezione di apertura
Luisa Passerini,
Intersoggettività, ancora. Reti, reticoli e relazioni
Introduzioni alla storia orale della deistituzionalizzazione
Fare storia orale, intervistare, preparare le interviste del pomeriggio (attività di gruppo)
Paesaggi
Prima geoesplorazione di un paesaggio urbano ex manicomiale: l’area dell’ospedale psichiatrico femminile di via Giulio e dell’Istituto Buon Pastore
13,00
Pranzo
14,30
Archivio delle Donne in Piemonte Via Vanchiglia 3 – Torino
Corpi, femminismi, salute delle donne
Introduzione al luogo
Elena Petricola, Gli archivi delle donne
Conversazioni
I gruppi femministi e la Casa delle donne (interviste pubbliche)
Archivi
Lettura documenti d’archivio
Interviste
Interviste a testimoni in gruppi
Discussione
19,30
Cena libera
Sabato 15 giugno 2024
9,00
Aula magna, Padiglione IV, Piazza Avis 7 Collegno (Torino)
Donne, deistituzionalizzazione, cura
Introduzione
Davide Tabor e Caterina Corbascio
Archivi
Videointerviste dagli archivi: testimonianze filmate del superamento del manicomio
Paesaggi
Geoesplorazione dell’area dell’ex manicomio di Collegno con interviste a testimoni
13,00
Pranzo libero
15,00
Introduzione
Daniela Adorni e Cristina Cappelli
Conversazioni
Donne e deistituzionalizzazione a Torino: parte 1 (interviste pubbliche)
Interviste
Interviste a testimoni (attività di gruppo)
Discussione
19,00
Cena libera
Domenica 16 giugno 2024
9,00
Associazione per la lotta contro le malattie mentali, Via Vanchiglia, 3 Torino
Voci della liberazione dal manicomio
Introduzione
Barbara Bosi e Alessandra Mossa
Conversazione
Donne e deistituzionalizzazione a Torino: parte 2 (interviste pubbliche)
Archivi
Proiezione documenti audiovisivi
Lavoro su documenti d’archivio
12,30
Attività di restituzione in aula
Discussione e confronto
Conclusioni in aula
13,30
Pranzo
Saluti