In questo numero:
NOTIZIE AISO
Convegno nazionale AISO (Padova, 14-15 maggio 2009), Corso “Imparare a registrare”
LIBRI & VIDEO
Il libro della Shoah italiana, Campi di concentramento a Buenos Aires: una storia italiana, Il flauto di Pan, Mani sapienti, Essere transessuali a Teheran, La fabbrica dei tedeschi, ThyssenKrupp Blues, Un’autobiografia cinematografica di Agnès Varda, Stranger in the house: il ritorno dei reduci raccontato dalle donne
ARCHIVI
Il fondo interviste sull’Alfa Romeo di Duccio Bigazzi
BANDI IN SCADENZA
“Memoria/memorie”: call for paper su “le ragazze del secondo dopoguerra”
LAVORI IN CORSO
“Storia immediata”: lotte del lavoro in Svizzera, Partigiani jugoslavi in Appennino
NOTE A CONVEGNI
La nascita del testimone dopo il 1945 (Jena, 18-20 dicembre 2008)
INCONTRI A…
Gattatico (RE), Paris, Mantova, Milano, Roma, New York
REDAZIONE
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NOTIZIE AISO
Convegno nazionale AISO – cambio data – Il secondo convegno nazionale dell’Associazione Italiana di Storia Orale dal titolo “Una memoria fondata sul lavoro” si terrà a Padova il 14-15 maggio 2009 (non il 7-8 maggio, come precedentemente annunciato). Altre informazioni nel “Notiziario” n. 6, gennaio-febbraio 2009.
Corso “Imparare a registrare” – Nelle giornate dal 28 al 30 ottobre 2008 si è svolto a Roma (e il 26 e 27 marzo 2009 verrà replicato a Padova) il corso organizzato dall’AISO “Imparare a registrare”. L’intenzione originaria – e forse originale – è stata quella di un approfondimento di natura prettamente specialistico/professionale sul trattamento delle fonti orali audiovisive. Spesso seminari e convegni su questo tema hanno presentato lacune proprio sugli aspetti della “acquisizione” e della “conservazione” della fonte orale. Anche durante lo svolgimento del corso si è percepita l’esigenza di conoscenza delle metodologie tecniche di ripresa (audio/video), di descrizione documentale/catalografica e di trattamento conservativo – di digitalizzazione – della documentazione audiovisiva acquisita. Proprio questo ultimo aspetto che mette in relazione informativa la fonte audiovisiva con quella descrittiva catalografica, iconografica o di altra natura, rappresenta attualmente la frontiera che permette di utilizzare e allo stesso tempo di salvaguardare nel modo più appropriato – rapportandosi anche agli standard dettati a livello internazionale – le fonti utili alle ricerche di storia orale e qualsiasi altra fonte audiovisiva in genere. Il corso è stato tenuto da esperti dell’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi. Info www.aisoitalia.org; aisoitalia@gmail.com. (Piero Cavallari)
LIBRI & VIDEO
Marcello Pezzetti, Il libro della Shoah italiana. I racconti di chi è sopravvissuto, Einaudi, Torino 2009, pp. 490.
Nati tra il 1902 e il 1939, gli italiani intervistati in questo libro sono 105: 60 donne e 45 uomini. Tra il 1943 e il 1945 furono deportati, per la gran parte ad Auschwitz, in quanto appartenenti alla “razza ebraica”. Le interviste, condotte dall’A. (sembra di capire) ma registrate in betacam da una troupe, sono state effettuate tra il 1995 e il 2008: la loro durata è molto variabile (due ore o giorni interi), in ragione del loro carattere non strutturato. All’origine di questo libro è infatti un documentario, Memoria. I sopravvissuti raccontano (Forma Italiana, Italia 1997, 86’): è così solo nel 2004 che nasce il progetto di «analizzare le trascrizioni compiute, per arrivare alla pubblicazione di un volume» (p. xix). Ma se già il principio di lavorare sulle trascrizioni è discutibile nel metodo – in quanto nega la «specificità delle fonti orali» (che appunto sono orali, e non scritte) – l’assenza di una qualsiasi analisi dei racconti, come la mancanza di un apparato critico o di riferimenti ad altre fonti, lascia perplessi. Dopo una succinta introduzione – quasi dei ringraziamenti, certo non un inquadramento storiografico –, la modalità espositiva scelta dall’A. è quella del montaggio tematico delle interviste (davvero straordinarie) intramezzate da qualche sporadico ed essenziale riferimento di contesto: il montaggio veloce, impressionistico, privilegia così il registro emotivo (magari con immedesimazione) a discapito della comprensione razionale. È in tal senso che si inscrive a pieno titolo nel nostro tempo, che non è tanto quello «del testimone» quanto quello lacrimoso (e politicamente conservatore) delle vittime. Un titolo perentorio, dal sapore quasi sacro (“Il” libro…), o la collocazione in una prestigiosa collana einaudiana («Biblioteca di cultura storica»), non bastano a fare di una raccolta di interviste un libro di storia (orale). Dispiace, perché questo materiale documentario offre (tra l’altro) l’opportunità di meglio definire i contorni della responsabilità del fascismo italiano nella deportazione; e contribuisce anche a una genealogia del tempo presente: «La selezione è quello che mi fa tornare in mente Auschwitz», dice Lello Perugia (p. 445). (Andrea Brazzoduro)
Gabriele Andreozzi, David Biagioni, Alberto Cozzuto (a cura di), ESMA. Una storia italiana, DVD ROM interattivo, Italia 2008.
Frutto del lavoro di un gruppo di studenti universitari, questo disco multimediale raccoglie parole e immagini relative al processo ESMA (Escuela de Mecanica de la Armada, principale campo di concentramento di Buenos Aires), conclusosi nel marzo 2007 con la condanna all’ergastolo di cinque alti ufficiali, attivi negli anni della giunta militare Videla (1976-81) e corresponsabili della desapariciòn (si stima che negli anni della dittatura le forze armate argentine abbiano soppresso circa 5.000 oppositori politici). Il processo si è svolto a Roma perché cinque desaparecidos avevano la cittadinanza italiana. Il carattere multimediale dell’opera – esplicitamente concepito a scopo didattico – permette un’agile navigazione tra quattro menù (a loro volta divisi in partizioni minori), l’ultimo dei quali è costituito da una galleria fotografica. Le interfacce alternano brevi didascalie e immagini. Queste sono montate in modo da lasciare interamente la parola agli intervistati, relegando l’intervistatore al di fuori del campo visivo. Sebbene un’intervista a Maria Rosaria Stabili, docente di Storia dell’America latina (Università Roma 3), abbia la funzione di riassumere la storia argentina dal golpe militare del 24 marzo 1976 fino alla fine della dittatura ed al conseguente processo di democratizzazione della società, la scelta privilegiata è quella di lasciare molto spazio alle testimonianze dei sopravvissuti e dei membri delle associazioni di familiari. È una scelta obbligata per chi conosce le vicende argentine degli ultimi trent’anni, ma il cui significato politico non è perciò meno dirompente: a lungo minacciata, se non addirittura negata, la memoria delle stragi ha trovato la forza di affermarsi, grazie alla pratica costante e dura delle madres de plaza de Mayo, vere e proprie “militanti della memoria”, secondo la definizione di una di loro, Vera Vigevani. Non meno determinante l’opera dell’associazione dei figli (hijos), i quali, optando per una pratica di controinformazione, hanno costruito una rete attiva su tutto il territorio e vigile rispetto alle forme di continuità che si sono riprodotte nella transizione istituzionale. È possibile richiedere una copia del disco scrivendo a http://www.24marzo.it e http://www.saldelatierra.org. (Raffaele Nencini)
Maria Bosisio, Giorgio Foti (a cura di), Il flauto di Pan. Esperienze di un costruttore. Angelo Sirico, “Quaderni di Etnografia del Museo etnografico dell’Alta Brianza”, novembre 2008.
E’ singolare la descrizione che si fa di Angelo Sirico fin dalle prime righe di questo saggio: costruttore di flauti e maestro di etnografia. Musica e ricerca si fondono nel ritratto di quest’uomo, che ha scritto – si può dire senza peccare di immaginazione – le prime note del Museo Etnografico dell’Alta Brianza. Questo libro, fondendo due esperienze di ricerca, entrambe maturate attorno a due tesi di laurea in tempi e con tematiche diverse, ripercorre la memoria di un musicista meridionale, trapiantato in Brianza, che si lascia rapire da un mondo, quello dei firlinfo, dei suonatori del flauto di Pan. Angelo Sirico se ne accosta con spirito “ecumenico”, facendosi largo fra campanilismi e identità culturali, imparando l’arte della costruzione, assimilandone le tecniche di esecuzione e sperimentandone di nuove. Fin qui il maestro di musica. Poi il ricercatore. L’esperienza di cercare, di scavare in una tradizione a lui estranea, prima da alieno, poi con fare simbiotico. In questo viaggio i due ricercatori Giorgio Foti (docente di Educazione Musicale presso la Scuola Secondaria di Mezzago) e Maria Bosisio, laureata in Lettere e Filosofia, presentano due lavori separati, uniti però dal voler raccontare, soprattutto attraverso il ricordo dei loro incontri con Angelo Sirico, la vita di un “maestro di conoscenza”. Il volume è accompagnato da un dvd di Massimo Pirovano. (Stefania Ficacci).
Giosuè Bolis, Massimo Pirovano, Italo Sordi, Mani sapienti, Museo Etnografico dell’Alta Brianza, Italia, 1999, 20’.
La prima parte del documentario di Educazione Visiva proposto dal Museo Etnografico dell’Alta Brianza è dedicato al “Ul cavagnen”, ovvero il cestaio. Se l’antichissima arte della costruzione dei cesti di vimini non fosse esistita, la cultura contadina sarebbe profondamente diversa. Giosuè Bolis e Italo Sordi hanno raccolto l’esperienza e le conoscenze di uno dei pochi, forse ultimi, artigiani che ancora possiedono interamente le tecniche e il sapere della cesteria.
La seconda parte, curata da Giosuè Bolis e Massimo Pirovano non si allontana dall’artigianato rurale, descrivendo la produzione delle scope e l’impagliatura delle sedie, la loro funzione pratica ma anche culturale all’interno della tradizione contadina, senza tralasciare l’aspetto simbolico di questi prodotti. Il documentario si può dunque descrivere come un breve viaggio all’interno di una sezione del Museo Etnografico, che ne mostra il contenuto e la sua funzione. (Stefania Ficacci)
Bahman Motamedian, Khastegi (Tedium), Esmaeil Mirzaei Ghomi, Iran, 2008, 76’.
Essere transessuali a Teheran. Andare alla ricerca della propria identità, cercare di vivere la propria differenza naturalmente, sfidare i pregiudizi di una società, quella iraniana, fortemente intrisa dai precetti tradizionali e dalla tradizione patriarcale. Sette transessuali raccontano la loro esperienza, la loro vita quotidiana in un paese in cui non sono accettati e in cui non possono esprimere liberamente la propria sessualità, i propri desideri. Bahman Motamedian, scrittore, fotografo e regista teatrale, cerca di raccontare una realtà poco nota, all’interno del suo stesso paese, cercando di fondere fiction e documentario. La confessione e la narrazione di vita si mescolano con la recitazione e la finzione attivando interessanti cortocircuiti riguardanti l’identità personale e quella sociale, la possibilità di esprimersi e la necessità di fingere. O, forse, l’impossibilità di continuare a fingere, soprattutto in famiglia, con dei genitori che piuttosto che avere un figlio transessuale preferirebbero non averlo proprio… (Alessandro Cattunar)
Mimmo Calopresti, La fabbrica dei tedeschi, Studiouno, Italia 2008, 90’.
La fabbrica dei tedeschi è un documentario, o meglio, un vero e proprio film-testimonianza sulla drammatica vicenda della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni di Torino nella quale la notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 persero la vita in un rogo sette operai. Il film è nettamente diviso in due parti. Nella prima alcuni famosi attori interpretano i parenti delle vittime durante l’ultimo giorno prima della tragedia. Nella seconda si cerca di comprendere ciò che è successo quella notte e le conseguenze che ha avuto su molte famiglie attraverso interviste ai parenti delle vittime e testimonianze di chi ha vissuto la disgrazia. La tematica era senz’altro urgente e attuale. Le intenzioni erano buone: dare voce e visibilità ad una tragedia che si poteva evitare e che in futuro non dovrà ripetersi. Ma il risultato non convince. Infatti, molto spesso, troppo spesso, Calopresti sembra andare alla ricerca della narrazione patetica, della lacrima facile, della spettacolarizzazione della tragedia. I testimoni sono spesso ripresi in primissimo piano, la telecamera sta addosso agli intervistati, cercando di cogliere ogni spasmo di sofferenza. Il regista invita i suoi “personaggi” (e l’inutile e fastidioso prologo è la conferma più chiara che per il regista i testimoni diventano dei veri e propri personaggi) a tornare sul luogo della tragedia in modo da far riemergere i ricordi ma soprattutto il dolore. E quando i testimoni si rivelano titubanti, lui insiste, li forza. Il film riesce forse a restituire lo strazio per quelle vite spezzate, il dolore muto delle mogli, dei genitori e dei figli ma fornisce pochi elementi, poche risposte sulle cause della tragedia, sulle posizioni assunte dalle parti in causa, sulle dinamiche lavorative, aziendali e sindacali, sui comportamenti da assumere per evitare che una situazione simile si ripresenti. Domande fondamentali quando ci si trova di fronte ad una situazione drammatica e attuale come questa. (Alessandro Cattunar)
Pietro Balla, Monica Repetto, ThyssenKrupp Blues, BabyDocFilm, Deriva Film, Esperia Film, Italia 2008, 73’.
Carlo Marrapodi, 30 anni, calabrese, vive a Torino ed è un operaio della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni. Nell’aprile del 2007 l’azienda decide di smantellare lo stabilimento torinese. In luglio Carlo è costretto a lasciare Torino (e sua amica Melita) per tornare in Calabria. Cassa integrazione. Inaspettatamente, in autunno, l’azienda richiama i lavoratori in linea. Per non perdere il diritto alla liquidazione gli operai fanno turni massacranti e in condizioni di sicurezza precarie. Pochi giorni dopo, tra il 5 e il 6 dicembre 2007, avviene la tragedia, nella linea 5 le fiamme travolgono i sette operai di turno. Carlo quel giorno aveva fatto il turno pomeridiano. Una telefonata all’alba lo avverte del disastro. La fabbrica chiude definitivamente e Carlo decide di tornare, definitivamente, in Calabria. Quest’ultimo viaggio assume la funzione di viaggio nella memoria, di rielaborazione, almeno parziale, del lutto, di sfogo della rabbia accumulata in anni di lavoro in condizioni di sicurezza precarie e mal retribuito. La testimonianza di Carlo, i suoi ricordi e il suo lungo viaggio in treno, il suo tentativo di ricostruirsi una vita nella sua terra di origine, il suo tentativo di gestire la rabbia e di non farsi sopraffare dallo sconforto ci fanno ragionare in maniera non banale sull’Italia di oggi, sugli endemici problemi legati alla precarietà del lavoro e sulle insufficienti misure di sicurezza. Ma ci restituiscono anche la storia di un giovane che rappresenta tanti suoi coetanei costretti a continui spostamenti, costretti a riconfigurare periodicamente i propri orizzonti e le proprie aspettative, ma che, nonostante questo, non si perdono d’animo.
Il film appare sincero e riuscito – nonostante l’evidente presenza di alcuni passaggi meno brillanti – proprio perché non pretende di ricostruire una verità oggettiva e perché non vuole dimostrare niente. È un film di parte, un film che assume un unico punto di vista, e senza risultare eccessivamente patetico cerca di andare in profondità, fondendo la rabbia con l’ironia, la rassegnazione con la speranza nel cambiamento. Carlo accetta che la sua vita diventi una storia, una narrazione. Accetta che il reale, in qualche modo, si leghi alla finzione, o quanto meno alla necessaria “costruzione” che il mezzo cinematografico sempre porta con sé. (Alessandro Cattunar)
Agnès Varda, Les Plages d’Agnès, Ciné Tamaris, Francia 2008, 110’.
Una distesa di specchi infilati nella sabbia. Specchi di tutte le forme e di tutte le dimensioni. Specchi che mostrano e che nascondono. Specchi che riflettono infinite volte il mare, la spiaggia e soprattutto il corpo di Agnès Varda. Mai una metafora poteva essere così chiara eppure così potente. La grande regista francese vuole mettere in scena se stessa, la sua vita, le sue spiagge (il suo luogo dell’anima, in qualche modo). E soprattutto i suoi film che, in qualche modo, fanno letteralmente e fisicamente parte di lei. Les Plages d’Agnès è una sorta di autobiografia cinematografica, un esperimento di cinema auto-documentaristico. Una narrazione della memoria personale attraverso le immagini. Un originalissimo autoritratto in cui la regista racconta la propria avventura umana e professionale, una narrazione in cui ogni immagine rimanda ad infinite altre immagini – attuali o del passato – e in cui ogni ricordo rimanda ad altri ricordi. Le immagini tratte dai film si mescolano con sequenze documentaristiche realizzate in varie epoche, con immagini funzionali girate appositamente e con videoinstallazioni di vario genere. L’attenzione alla perfezione visiva è maniacale e rende questo film un capolavoro non solo per le eccezionali modalità narrative attraverso cui cerca di ricostruire i complessi percorsi attraverso cui la memoria individuale si costruisce e si esprime, ma anche per la sua componente estetica. La Varda si ritrae, senza eccessivi compiacimenti e con una notevole dose di ironia, come una donna forte, consapevole dell’essere una delle icone del cinema francese eppure in grado di mettersi in gioco e in discussione e capace di riconoscere l’importanza di tutti i compagni di viaggio che ha incontrato sulla sua strada. (Alessandro Cattunar)
Julie Summers, Stranger in the house. Women’s stories of men returning from the Second world war, Simon & Schuster, London 2008, pp. 363.
Una donna, oggi novantenne, commentò con una vicina: «Quando la loro [degli uomini] guerra finì, la nostra cominciò». E’ una delle oltre cento voci che costituiscono il libro di Julie Summers, raccolte attraverso interviste, conversazioni telefoniche, scambi di lettere ed e-mail, nonché decine di testimonianze conservate in quell’immenso giacimento di memoria che sono gli archivi dell’Imperial War Museum. Il punto di vista sulla seconda guerra mondiale è quello delle donne e dei figli chiamati a ri-accogliere in casa i soldati smobilitati, uomini talvolta provati da anni di prigionia, ma spesso anche esaltati da un periodo di grande “avventura”. Fu un ritorno alla normalità difficile, traumatico, che mise a dura prova la tenuta delle famiglie e dell’intera società inglese.
L’autrice dichiara di essere affascinata, come scrittrice, dalle minuzie della vita quotidiana: dettagli che danno il tono di un’epoca, e insieme fissano ciascuna vicenda come unica e irripetibile. Julie Summers non è una storica di professione. Ma lavora con le fonti – orali e scritte – con rigore. Non si produce in grandi scoperte fattuali o epistemologiche. Ma tratta la guerra con la sensibilità che la storiografia più avvertita ha maturato. Scrive un buon libro di ricerca e divulgazione insieme, che si rivolge innanzi tutto a un pubblico medio, di non specialisti, di persone curiose di sapere e magari bisognose di fare i conti a loro volta con ferite che attraversano le generazioni. La guerra si rivela un evento che non ha fine; anche a distanza di sessant’anni produce effetti a catena nel vissuto e nelle memorie dei singoli e delle famiglie, come i cerchi concentrici sollevati da un sasso che cade nell’acqua. L’ultimo capitolo è dedicato al racconto dei nipoti, che cercano la storia dei propri nonni, e che in questo modo – per capire se stessi – scoprono l’importanza del passato nella propria vita. (Alessandro Casellato)
BANDI IN SCADENZA
“Memoria/memorie”: call for paper – La rivista “memoria/memorie. Materiali di storia” apre una richiesta di interventi per un numero monografico sul tema: Ricominciare. Le “ragazze” del secondo dopoguerra. Termine presentazione proposte: 15 marzo 2009. Il numero monografico si propone come contributo all’approfondimento della ricerca sulle forme della presenza femminile nella società italiana dopo il dramma della guerra e più in generale sui processi di costruzione delle identità di genere che caratterizzarono il secondo dopoguerra fino agli inizi del boom economico, tra nuove forme dell’egemonia cattolica e spinte di modernizzazione. Si invitano le/gli interessate/i a inviare proposte – basate su “fonti della memoria” (diari, interviste orali, autobiografie, epistolari…) – che analizzino il tema generale nelle sue diverse possibili declinazioni, tenendo conto dei seguenti “fuochi tematici”: figure ed esperienze di impegno politico a livello amministrativo e parlamentare; trasformazioni delle relazioni familiari e del rapporto pubblico-privato; politica delle organizzazioni femminili di massa e dei partiti; trasformazioni e mobilitazione nel mondo del lavoro; cambiamenti della moda e costume sociale. Entro la scadenza del 15 marzo p.v. i partecipanti invieranno un abstract di un massimo di due cartelle (4000 battute), cui allegheranno un curriculum studiorum e un elenco delle sole pubblicazioni scientifiche (in tutto due cartelle) al seguente indirizzo di posta elettronica: rivista@centrostudiluccini.it. Le proposte saranno selezionate entro la fine di marzo 2009; il 31 maggio sarà poi la scadenza per la consegna definitiva del saggio. (Elisabetta Novello)
ARCHIVI
Il fondo interviste sull’Alfa Romeo di Duccio Bigazzi (www.associazionebigazzi.it) – L’Associazione Bigazzi, grazie al contributo della Compagnia di San Paolo (www.compagnia.torino.it), ha recentemente recuperato e digitalizzato il fondo interviste a operai, tecnici, dirigenti e imprenditori realizzate dallo studioso nel corso degli anni ottanta. Il nucleo principale di tale archivio è costituito dalle interviste effettuate tra il 1980 e il 1986 nell’ambito della ricerca sull’Alfa Romeo che diede origine al volume Il Portello. Operai, tecnici e imprenditori all’Alfa Romeo, 1906-1926 (Angeli, Milano, 1988) e all’articolo Fonti orali e storia d’impresa: managers, dirigenti e quadri tecnici all’Alfa Romeo, («Rassegna degli Archivi di Stato», 1988). Il progetto ha previsto la riconversione, in collaborazione con l’Archivio del lavoro di Sesto San Giovanni (www.cgil.milano.it/Archivio/archiviolavoro/index.htm), delle 105 audiocassette a nastro magnetico (corrispondenti alle 61 interviste) in tracce digitali; la trascrizione dei brani; la redazione di una scheda descrittiva sintetica con informazioni relative all’intervista (testimone, intervistatore, luogo e data di registrazione, durata dell’intervista, riferimento al supporto originale, presenza di altri testimoni, curatore della trascrizione) e al testimone (luogo e data di nascita, anno di assunzione, ruolo e incarichi in impresa, formazione e titolo di studio, eccetera). Il fondo verrà presentato il 24 marzo 2009, a Milano presso l’Università degli studi da Maria Luisa Betri, Carolina Lussana, Andrea Strambio, Nicola Crepax, Stefano Musso, Daniele Pozzi: sarà un’occasione per riflettere sul lavoro di Bigazzi, che ha sempre considerato le testimonianze una fonte preziosa e originale per cogliere la «complessità della realtà di fabbrica, una realtà che non è soltanto il mondo operaio e non è soltanto il mondo degli uffici, ma un complesso intreccio tra la realtà operaia e la realtà del management e quella realtà che è sempre la meno studiata dei quadri intermedi di fabbrica, dei tecnici, dei capi reparto, eccetera» e per riscoprire un archivio prezioso tanto per la storia dell’Alfa Romeo, quanto per la storia dell’impresa e del lavoro a Milano, la storia della tecnologia e dell’organizzazione dell’industria dell’auto. (Sara Zanisi)
LAVORI IN CORSO
“Storia immediata”: lotte del lavoro in Svizzera – Il prossimo 7 marzo i cittadini di Bellinzona e di tutta la Svizzera italiana festeggeranno l’anniversario di una grande battaglia sindacale e si stringeranno, ancora una volta, accanto ai lavoratori delle Officine delle FFS, che l’anno scorso – proprio il 7 marzo – iniziarono uno sciopero durato un mese contro lo smantellamento voluto dai vertici delle ferrovie svizzere.
Trentatré giorni di sciopero che hanno scosso la Svizzera intera: dal periferico Ticino i circa 400 lavoratori hanno lanciato un messaggio ai manager dell’azienda: “Giù le mani dalle officine”, difendendo con la loro mobilitazione non solo il proprio posto di lavoro ma anche 100 anni di storia industriale della Svizzera italiana. E dopo un mese di scontro frontale, i lavoratori, sostenuti da tutta la popolazione, hanno vinto la loro battaglia: il piano di ristrutturazione è stato ritirato.
Quella delle Officine di Bellinzona è stata forse una delle lotte più significative dopo lo sciopero generale in Svizzera del 1918, in un Paese nel quale fin dal 1937 è in vigore la “pace del lavoro” che esclude il ricorso allo sciopero come strumento di lotta dei lavoratori. Per questo un gruppo di studiosi raccoltisi attorno alla Fondazione Pellegrini-Canevascini (www.fpct.ch), istituzione che si occupa da anni della storia del movimento operaio ticinese, ha dato avvio ad un progetto – coordinato dalla storica Nelly Valsangiacomo – di raccolta di testimonianze orali tra i protagonisti della battaglia delle Officine, per fornire agli studiosi il materiale necessario a capire le particolarità della mobilitazione, le sue caratteristiche e le forme che ha assunto. Un progetto di “storia immediata” che si propone di raccogliere una settantina di videointerviste tra i lavoratori – grazie alla partecipazione di Danilo Catti, regista e autore del documentario “Giù le mani”, selezionato allo scorso Festival di Locarno – che verranno depositate presso l’Archivio di Stato di Bellinzona. (Mattia Pelli)
Partigiani jugoslavi in Appennino – Sul sito http://www.cnj.it/PARTIGIANI/ è presentato il progetto Partigiani Jugoslavi in Appennino 1943-1944. Il progetto prevede tra l’altro, la ricognizione completa delle fonti scritte, dei monumenti, delle fonti orali superstiti e la raccolta della documentazione audiovideo, entro l’estate 2009. E’ richiesto il contributo di tutti gli storici e appassionati in possesso di materiali utili. (Silvia Inaudi)
NOTE A CONVEGNI
Die Geburt des Zeitzeugen nach 1945 (La nascita del testimone dopo il 1945) – Jena (Germania), 18-20 dicembre 2008. Convegno organizzato dal Jena Center- 20th Century History dell’Università di Jena e del Zentrum für Zeithistorische Forschung (ZZF; Centro di ricerca storica contemporanea) di Potsdam.
Gli organizzatori del convegno Die Geburt des Zeitzeugen nach 1945 (La nascita del testimone dopo il 1945), svoltosi nel dicembre 2008, si proponevano di riflettere sul rapporto fra la figura del testimone e la ricerca in storia contemporanea dal 1945 fino ad oggi. Ricercatori europei, israeliani e americani si sono interrogati, tra l’altro, su tale figura come fenomeno del discorso culturale pubblico, sul suo ruolo nella mediatizzazione della storia dagli anni settanta in poi, e sul rapporto fra storia e memoria. Nella maggior parte delle analisi e nella discussione si è riscontrata la difficoltà a differenziare chiaramente tra il testimone come figura sempre più omogeneizzata di (ri)produzione mediatica, che parla in uno spazio pubblico con uno scopo definito, e il testimone come soggetto individuale nel contesto dell’intervista con ricercatori. Tale contesto, invece, per il suo carattere privato, spesso confidenziale, permette di esplorare l’esperienza e l’interpretazione individuale del passato nella sua contraddittorietà e varietà. Anche se la maggior parte dei paper si è concentrata sulla figura del testimone come figura mediatica, è stato sottolineato quanto poco si sappia ancora su di esso e sulla sua ricezione da parte del pubblico per mancanza di studi. Ancora, quanto prevalga oggi una immagine piuttosto passiva del testimone che tende a dimenticare la sua soggettività e il suo lato attivo e che rischia così di non prendere nota del suo sforzo ad emanciparsi dal “mediatore mutilante” (che sia giornalista o ricercatore), come si può osservare ultimamente in vari forum in internet. Alcuni storici orali presenti (Wierling) hanno insistito sul fatto che ciò che conta per la storiografia contemporanea non sia tanto la figura mediatica, che ha un ruolo pubblico e politico, quanto la figura dell’intervistato, la sola dalla quale possa emergere una fonte storica (orale).
È prevista la pubblicazione degli atti presso l’editore Wallstein di Göttingen. Per maggiori informazioni: www.jenacenter.uni-jena.de (Manja Finnberg)
INCONTRI A…
1. Gattatico (Reggio Emilia) – Giovedì 19 marzo 2009 il Museo Cervi di Gattico-RE presenta una giornata di Studio a cura del LANDIS- Laboratorio Nazionale per la Didattica della Storia: L’intervista videoregistrata tra archivio e didattica. Fonti orali, Luoghi della Memoria, Musei di Storia, che prevede la partecipazione di rappresentanti delle sezioni didattiche di musei o altre istituzioni che hanno fondato il loro patrimonio o la loro prassi educativa sull’uso di fonti orali videoregistrate. Tutte le informazioni su: http://www.landis-online.it/portale/index.php?action=getEvento&id=366 (Silvia Inaudi)
2. Paris – Il 2 aprile 2009 nell’ambito del Seminario Ecrire l’histoire de la Shoah aujourd’hui organizzato dall’Università Paris IV-Sorbonne, si terrà la prolusione di Patrick Desbois : L’enquête de terrain et les méthodes de l’histoire orale. Per gli orari e il programma: http://www.wmaker.net/seminaireshoah/Programme-du-seminaire-d-enseignement-et-de-recherche_a20.html. (Silvia Inaudi)
3. Mantova – Il 4 aprile 2009, nell’ex chiesa di Santa Maria della Vittoria di Mantova, Giovanni Levi presenterà il volume di Giancorrado Barozzi e Lidia Beduschi Cartiera Burgo. Storie di operai, tecnici e imprenditori nella Mantova del Novecento, indagine storica sull’azienda mantovana attraverso fonti orali. (Silvia Inaudi)
4. Milano – L’Associazione Duccio Bigazzi per la ricerca sulla storia dell’impresa e del lavoro organizza un ciclo di seminari intitolato Il lavoro narrato. Metodologie, ricerche e raccolte, rappresentazione visiva: si tratta di 6 incontri pomeridiani dedicati a un confronto e dialogo sull’interpretazione della realtà industriale e del lavoro attraverso le testimonianze. Gli incontri si terranno a Milano, lunedì 20 aprile, 4-11-18-25 maggio 2009, dalle ore 15 alle 18,30. L’approccio è quello multidisciplinare che incrocia la ricerca storica e sociale, l’indagine antropologica, le forme della rappresentazione visiva, per recuperare secondo nuove prospettive l’esperienza pionieristica di Bigazzi e la sua intuizione secondo cui «Il ricorso alle fonti orali dovrà essere e sarà in futuro un’arma essenziale della ricerca» (1993). La prima giornata introduce al dibattito teorico, particolarmente intenso in questi anni, sui temi della memoria autobiografica e della narrazione; il secondo modulo propone concrete esperienze e pratiche di ricerca, nonché alcuni archivi e raccolte di testimonianze; la terza e ultima parte è dedicata all’utilizzo delle testimonianze orali nel documentario d’autore. Tra gli altri interverranno Alessandro Portelli, Giovanni Contini, Pietro Clemente, Renata Meazza, Roberta Garruccio, Luca Mosso, Sergio Bologna, Marco Bertozzi, Peppino Ortoleva, Bruno Cartosio, Francesca Comencini, Cesare Bermani. Info, programma e iscrizioni: www.associazionebigazzi.it (Sara Zanisi)
5. Roma – La Facoltà di Scienze delle comunicazioni de La Sapienza organizza per il 3 e 4 giugno 2009, al Centro Congressi de La Sapienza, via Salaria 113, un convegno su Come comunicare la ricerca. Chi fosse interessato a partecipare con una comunicazione può mettersi in contatto con la direttrice Maria Immacolata Macioti mariaimmacolata.macioti@uniroma1.it (Maria Immacolata Macioti).
6. New York – L’Oral History Research Office della Columbia University terrà il proprio seminario annuale dal 1° al 12 giugno 2009 sul tema “Narrating the Body: Oral History, Narrative and Embodied Practice”. Saranno trattati la storia del corpo, la storia orale come pratica corporea e intersoggettiva, l’intervista come strumento per narrare il trauma. Il seminario include esercitazioni su come intervistare famiglie/comunità che hanno subito traumi e su come produrre archivi della memoria culturale e della militanza. Alcuni seminari saranno dedicati alla costruzione di archivi orali, alle tecnologie digitali di registrazione, al trattamento dei testi tratti da interviste in vista della pubblicazione. Relatori internazionali, tra i quali Alessandro Portelli. La frequenza costa $1,500. Sono disponibili alcune borse di studio. Alloggio a prezzi di favore.
REDAZIONE
Barbara Bechelloni (Roma), Andrea Brazzoduro (Paris), Antonio Canovi (Reggio Emilia), Alessandro Casellato (Venezia), Alessandro Cattunar (Bologna), David Celetti (Padova), Mara Clemente (Roma), Luisa Del Giudice (Los Angeles), Stefania Ficacci (Roma), Manja Finnberg (Dresden), Silvia Inaudi (Torino), Gloria Nemec (Trieste), Massimo Novi (Pisa), Mattia Pelli (Trento), Vanessa Roghi (Roma), Ricardo Santhiago (São Paolo), Igiaba Scego (Roma), Sofia Serenelli (London), Kaja Sirok (Nova Gorica), Sara Zanisi (Milano). La redazione è aperta. Per idee, proposte, commenti, collaborazioni scrivere ad a.casellato@unive.it.