Le Buone pratiche per la storia orale, emanate nel 2015, sono state revisionate nel 2020 per adeguarle al Regolamento generale per la protezione dei dati personali (GDPR), approvato nel 2016 e operativo a partire dal 2018.
Qui i riferimenti alle principali novità.
Qui le FAQ sull’applicazione del GDPR alla storia orale (con in appendice un Modulo per l’autorizzazione all’intervista e un modello di Informativa sul trattamento dei dati personali per la raccolta di fonti orali).
Qui il link alla precedente versione del 2015 delle Buone pratiche per la storia orale (English version 2015 – Versión en español 2015).
AISO (ASSOCIAZIONE ITALIANA DI STORIA ORALE)
BUONE PRATICHE PER LA STORIA ORALE
Seconda versione, 2020
PRESENTAZIONE
Storia orale, fonti orali
La storia orale è la particolare metodologia della ricerca storica basata sulla produzione e l’utilizzo di fonti orali.
Frutto di interviste con testimoni e portatori di memoria, tali fonti sono fortemente intenzionali, prodotte in quanto finalizzate a una ricerca, e per questo diverse da quelle archivistiche. Esse consistono in genere in un racconto approfondito di esperienze e riflessioni personali, reso possibile concedendo ai narratori un tempo sufficiente per dare alla propria storia la pienezza che desiderano. In quanto narrazioni in prima persona, da parte di un o una testimone che si presenta con nome e cognome, le fonti orali quasi sempre contengono informazioni personali e confidenziali. Inoltre, in quanto documenti sonori o audiovisivi, esse includono alcuni elementi intrinsecamente legati alla sfera personale e corporea, quali, ad esempio, la voce o l’immagine dei soggetti coinvolti nell’intervista.
Per tutti questi motivi l’acquisizione, la conservazione e la diffusione delle fonti orali richiedono particolari tutele.
AISO
L’Associazione Italiana di Storia Orale (AISO), affiliata alla International Oral History Association (IOHA), si è costituita nel 2006 per mettere in comunicazione le molte realtà legate alla ricerca con le fonti orali promosse in Italia sia da singoli, sia da enti, istituti e associazioni.
Tra le sue attività ha un ruolo precipuo la formazione alla pratica della storia orale (intesa sia come preparazione dei nuovi ricercatori e ricercatrici, sia come loro formazione continua) e alla consapevolezza degli aspetti deontologici che sono peculiari a questa metodologia.
Buone pratiche. Perché e perché adesso?
Il documento “Buone pratiche per la storia orale” si propone come uno strumento di informazione e sensibilizzazione. Non intende imporre standard alla ricerca, ma raccomandare buone pratiche che aiutino chi fa ricerca sul campo a svolgere bene il proprio lavoro. Esso contribuisce a colmare un vuoto, poiché è difficile trovare occasioni istituzionali che preparino a riflettere adeguatamente su alcune criticità fondamentali della ricerca storica. In particolare, nel fare storia con le fonti orali le responsabilità della riflessione deontologica sono spesso lasciate esclusivamente sulle spalle del singolo ricercatore, al suo apprendimento sul campo e al suo personale – e spesso solitario – dialogo con le esperienze di ricerca degli storici e delle storiche che l’hanno preceduto.
Inoltre, negli ultimi decenni le nuove tecnologie di riproduzione e diffusione delle informazioni (in particolare la rete Internet), la maggiore attenzione degli individui alla tutela dei propri diritti e della propria identità personale, nonché le procedure previste dagli enti di ricerca nazionali e internazionali per i progetti che coinvolgano persone viventi, hanno posto nuove problematiche all’attenzione di chi si occupa di fonti orali. Tali trasformazioni mettono alla prova la responsabilità nel condurre interviste e nel disporne in seguito. Questo sollecita un continuo adeguamento delle pratiche al contesto sociale in evoluzione e soprattutto una rinnovata consapevolezza circa le specificità metodologiche del lavoro con le fonti orali.
Per redigere questo documento, AISO ha avviato una discussione ampia e aperta alla comunità scientifica, nell’ottica di favorire la massima condivisione di pratiche di ricerca consapevoli e improntate al rispetto di tutti i soggetti coinvolti in un progetto di storia orale. Il valore degli enunciati che seguono poggia sostanzialmente su questo.
BUONE PRATICHE PER LA STORIA ORALE
Principi generali
La raccolta di fonti orali e la loro utilizzazione sotto qualsiasi forma presuppongono un’adeguata preparazione in materia di principi e pratiche della storia orale.
Chiunque promuova progetti volti al trattamento – e quindi alla raccolta, alla conservazione o all’uso – di fonti orali da parte di terzi è tenuto a informare i propri collaboratori sulle implicazioni giuridiche, deontologiche ed etiche del loro lavoro. Tale esigenza è particolarmente avvertita dai docenti e dalle istituzioni educative, che hanno la responsabilità di rendere edotti studenti e allievi delle peculiarità delle fonti orali e degli accorgimenti specifici che esse richiedono.
Le interviste di storia orale sono il contesto e il risultato di una relazione personale improntata al rispetto reciproco. Ogni intervista è un dono, e per chi la raccoglie è un’esperienza di apprendimento. Pertanto è buona prassi predisporsi a esercitare l’arte dell’ascolto senza avere impostazioni rigide e senza interrompere le digressioni su temi non preventivati, spesso precursori di nuove piste d’indagine.
Ogni intervista è unica e irripetibile. Sin dalla fase preparatoria, i ricercatori e i loro collaboratori si interrogano sugli strumenti di registrazione più consoni al tipo di ricerca che svolgono (audio, audio-video, etc.). Si avvalgono di idonee attrezzature di registrazione o, più in generale, di ogni opportuno accorgimento al fine di assicurare una buona qualità della registrazione della voce del narratore o di altri suoni o immagini. Predispongono, sin dall’avvio della ricerca, ogni cautela per la conservazione ottimale delle interviste e dei relativi documenti.
Raccolta delle interviste
Le interviste sono il frutto di una scelta consapevole e informata.
Il consenso informato alla realizzazione dell’intervista dev’essere esplicito e può essere prestato in forma scritta o eventualmente in forma orale; in questo secondo caso, il consenso è raccolto mediante registrazione all’inizio dell’intervista. Formano necessariamente oggetto di comunicazione preventiva e di consenso le seguenti informazioni: i nomi di intervistato e intervistatore; la data e il luogo in cui si svolge il colloquio; l’oggetto e la finalità della ricerca per cui viene prodotta l’intervista; l’eventuale committente o istituzione per cui la ricerca viene svolta o da cui viene finanziata; l’utilizzo e la diffusione che verranno fatte dell’intervista stessa, con il maggiore dettaglio possibile; il luogo e le modalità di archiviazione della registrazione dell’intervista.
Il consenso sugli usi e sulla diffusione del materiale raccolto è ribadito al termine dell’intervista. Il consenso se prestato in forma orale è registrato unitamente all’intervista. Il consenso può riguardare un utilizzo selettivo dell’intervista. È preferibile che il consenso concernente le modalità per la diffusione audio-video e/o on-linedelle interviste sia prestato in forma scritta.
Se l’intervista viene interrotta e rinviata ad altra data, sono registrati tutti i riferimenti utili, anche temporali, dell’interruzione e della successiva ripresa dell’attività, in modo che gli spezzoni dell’intervista e il relativo consenso informato siano tra loro ricollegabili.
Nei limiti in cui ciò sia considerato rilevante per la specificità delle tematiche oggetto d’indagine, è opportuno che l’intervistato sia informato della eventualità che – in casi eccezionali – l’intervista possa essere acquisita dall’autorità giudiziaria.
A intervista conclusa, è opportuno che il ricercatore ricapitoli, a corredo critico, le finalità, le condizioni, e gli eventuali limiti agli usi e alla diffusione dell’intervista e il consenso prestato dall’intervistato: potrà farlo in forma orale, in appendice all’intervista, al fine di redigere in forma scritta una scheda da associare alla registrazione.
L’intervistato ha diritto di interrompere o sospendere la registrazione e di rilasciare dichiarazioni a registratore spento. Ha diritto di rilasciare l’intervista in forma anonima o con uno pseudonimo, oppure di richiedere di avvalersi dell’anonimato per un tempo determinato da lui stabilito. In quest’ultimo caso l’anonimato è garantito anche in fase di archiviazione e conservazione della fonte. L’intervistato ha inoltre il diritto di accedere ai dati forniti nell’intervista, di integrarne o specificarne o modificarne i contenuti. In tali casi il ricercatore provvede ad annotare, in appositi spazi o registri, le modifiche richieste dall’intervistato, senza variare i dati originariamente raccolti.
Utilizzazione delle interviste
L’intervista è una narrazione dialogica alla quale partecipano sia l’intervistatore che l’intervistato. A disporre della registrazione dell’intervista è colui che l’ha effettuata.
Le scelte sulla trascrizione e sul montaggio dell’intervista spettano in ultima istanza al ricercatore, salvo diverso accordo con l’intervistato. Tuttavia il ricercatore valuta attentamente, a seconda della natura e della complessità dell’intervista, l’opportunità di sottoporre all’intervistato i brani trascritti o il testo integrale e concordare con lui le modalità della trascrizione.
L’intervistato ha il diritto, in qualsiasi tempo, di revocare il consenso alla pubblicazione dell’intervista. Ciò non fa venir meno il diritto del ricercatore a detenere l’originale dell’intervista e a utilizzare le informazioni in essa contenute senza fare riferimento all’identità dell’intervistato o a elementi che lo rendano comunque riconoscibile.
È buona norma consegnare o recapitare all’intervistato una copia dell’intervista, nel formato ritenuto più opportuno alle circostanze.
È responsabilità del ricercatore valutare quali dati personali contenuti nelle interviste possono essere diffusi in quanto pertinenti e indispensabili alla ricerca e se gli stessi non ledano la dignità e la riservatezza delle persone.
Il ricercatore, ove nell’intervista vi siano riferimenti a terze persone, adotta, prima di pubblicarla, ogni opportuno accorgimento volto a non ledere la loro immagine e reputazione.
Conservazione delle interviste
La fonte orale è la registrazione in forma audio o video di un’intervista. Essa si distingue dalla trascrizione, che ne è una riduzione o approssimazione testuale.
La fonte orale deve essere conservata e custodita opportunamente. Essa deve altresì essere resa accessibile agli studiosi, salvo nell’ipotesi in cui l’intervistato abbia diversamente disposto. Spetta al ricercatore individuare il luogo più adeguato dove versare o depositare la fonte, tenendo conto delle migliori garanzie di conservazione e di custodia, ma anche delle esigenze di fruizione che la caratterizzano.
È necessario che l’intervistatore rediga, custodisca e consegni al conservatore una scheda di corredo. Nella scheda è indicato quanto utile all’identificazione dell’intervistato – salva l’ipotesi di anonimato – nonché del tempo, del luogo e delle modalità in cui si è svolto il colloquio. Nella scheda sono esplicitati gli eventuali limiti di consultabilità e divulgazione dell’intervista ed è segnalata – ove sia il caso – la presenza di categorie particolari di dati personali o elementi che possano ledere la dignità e riservatezza di terzi. Alla scheda potranno essere unite una trascrizione o una indicizzazione dell’intervista, informazioni e documenti, quali fotografie, scritti o altre registrazioni utili per i futuri fruitori della fonte orale, nonché eventuali riferimenti agli esiti della ricerca.
Le interviste registrate in passato senza esplicita espressione di consenso possono essere utilizzate secondo quanto previsto dalla normativa vigente, salva l’opportunità, ove possibile, di un loro adeguamento alle presenti buone pratiche.
Con il suo versamento o deposito presso un archivio o altro istituto di conservazione, il dovere di rispettare i limiti sull’utilizzo e sulla pubblicazione dell’intervista, ricadente sull’intervistatore, si trasferisce sul soggetto preposto alla conservazione.
Committenza
I ricercatori e i loro collaboratori, anche quando lavorano per conto di un altro soggetto, pubblico o privato, sono responsabili dell’integrità della ricerca e della dignità delle persone intervistate. In particolare, esercitano sempre la propria autonomia di valutazione sulle modalità con cui le informazioni raccolte potranno essere usate.
Negli accordi tra committente e ricercatore, va garantita la facoltà del ricercatore di selezionare, filtrare o eventualmente non consegnare tutte le interviste raccolte, qualora ritenga che possano danneggiare l’integrità della ricerca, le persone intervistate o terzi e la propria professionalità. Va garantito, inoltre, il diritto del ricercatore di conservare una copia delle interviste che ha realizzato e che potrà poi utilizzare per pubblicazioni scientifiche.
In caso di sub-committenza ovvero in tutti i casi in cui comunque la trascrizione o il trattamento delle interviste siano affidati ad altri ricercatori, collaboratori o ausiliari, la tutela della fonte va sempre garantita, mediante la previsione di accordi espressi in merito a ciascuna fase del lavoro di raccolta e di ricerca.
Il committente è adeguatamente informato sulla necessità di gestire scrupolosamente la fase di conservazione dei prodotti della ricerca svolta con fonti orali (intendendosi per tali prodotti, ad esempio: interviste e loro trascrizioni; trattamenti o sintesi del materiale raccolto; etc.).